RAFFAELE PIAZZA :“ALESSIA”--- Roma 2014
“Era il 1984”. Lo scenario della memoria, dedicato all’amore di “Alessia rosavestita” e di “Giovanni nerovestito” si apre sulla città del poeta, tra i fondali di Capri ed Ischia. Come in una rappresentazione che si snoda in scene fra mondi sacri e profani (Assisi, Salisburgo, l’Università Federico II) Alessia è attraversata dai suoi vent’anni, nel quotidiano dei vestiti, dell’amicizia, nella cornice di una natura che ne accelera i desideri e gli slanci vitali (il fulmine, il fuoco, il giardino segreto). La generosa sensualità verso il futuro popola la sua “radura” mentale del “bene domestico”, dei suoi studi di psicologia, del suo desiderio di maternità del suo Giovanni in attesa del concepimento: "siamo nel 1984, scivola l’auto/ sul ciglio della strada/ tutto accade in attimo di cielo: viene concepito il bimbo/ nel limbo dell’attesa/ di nuova gemmante vita/ " (pp. 78-79).
Un mistico scenario apre le nozze di Alessia celebrate in una candida chiesa di campagna già con in grembo il frutto dell’amore. L’ “annunciazione postmoderna” nello scenario di Raffaele Piazza si attua attraverso un’elaborazione memoriale che costruisce quinte di "angeli/ con panneggiare d’ali infinite/ in quel cielodiperla ad attendere/ l’inizio della fabula/ a confermare il verdetto" testimoni i vetri della cattedrale. Alessia attende l’ostia e il suo Giovanni.
E’ vitale nella silloge “Alessia” una costante drammatizzazione scenica realizzata senza che il poeta dialoghi, ma piuttosto sceneggi emozioni attraverso una ridondanza di assenze, luci, suoni, colori e visioni che, anche se mutamente, significano più delle parole.
Lo scenario degli “anni migliori” onnipresente, tende al visionario: " e vennero nel panneggiare gli/ angeli con liuti, cetre ed arpe/" nel momento in cui Alessia scrive e costruisce tremante il futuro nei suoi "vent’anni/ contati come semi/" (pag. 28).
“Alessia rosavestita” e “Giovanni nerovestito” in quel 1984 affrontano una vita duale sullo “spazio scenico del letto” (pag. 45) trasfigurazione teatrale di quel quotidiano che il poeta preferisce definire “le cose di sempre”. Considerato che “accade il tempo oltre gli orologi” (pag. 55) la vita è in esclusiva dei due e nient’altro. Al di là delle astrazioni, la vita è infatti: "nell’inazzurrarsi di cobalto/ di un cielo sulla pelle/ distesa Alessia nel fienile/ dopo l’amore profano/" (pag.62). Le emozioni per immagini hanno oltrepassato il dato biografico dei protagonisti, persino l’aggettivazione riesce a superare l’abuso quotidiano dei termini.
Dunque “Alessia” di Raffaele Piazza, alla maniera del teatro di Antonin Artaud, vive nel suo palcoscenico mentale, in quel tempo, il 1984, in quel fondale raro e incantato della sua terra, in quell’amore vissuto “degli anni migliori”, attraversato dai bagliori artaudiani, arricchiti di libere associazioni, d’intensi profumi, di spostamenti liberi nel ritmo, in vista di conquiste emotive che oltrepassino barriere tra il poeta e lettore.
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Franco Celenza
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