Giovanni Stefano Savino : “Versi a bassa voce” – Ed. Gazebo – 2016 – pagg. 164 – s.i.p.
Le illuminazioni , tra l’attesa e la fuga , tra le illusioni e il sussurro , tra la solitudine e il riflesso , scorrono vertiginosamente in questa pagine nuove di Giovanni Stefano Savino , il quale , tenendo fede ad una sua personale ricerca della parola chiude i versi con incantevole fulmineità. Storie o racconti , impressioni o pennellate , immersioni nel quotidiano o fuggevoli appunti di filosofia , sono ordinarie complicità del linguaggio che si sviluppa pagina dopo pagina sia nel senso puro dell’esistenza , sia nel più comune sbocciare del sentimento. “…Cedo/ al tempo che mi resta. Sono stanco:/ abbasso la mia bocca al mio ginocchio./ Graffio il lenzuolo su cui mi riposo/ . E torna un nuovo giorno e nulla porto,/ non invento la vita, la subisco,/ passo la vita con un falso nome.” Comprimere il destino nei silenzi che ci inseguono , sorridere e contemporaneamente pregare , ricucire il gioco delle sillabe per ritrovare il suono indimenticabile dell’endecasillabo, coniugando luminosamente il sublime con l’umile, la testimonianza con l’illusione , la realtà con il contrasto . Nella vertigine allegorica l’avventura letteraria di Savino offre numerosi spunti e delinea una interiorità poliedrica e fantastica , costantemente equilibrata nelle pulsioni.
ANTONIO SPAGNUOLO
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