Emilia Barbato – Capogatto--puntoacapo Editrice – Pasturana (Al) – 2016 – pagg. 75 - € 12,00
Emilia Barbato è nata a Napoli nel 1971, ha pubblicato le raccolte di poesia “Geografie di un orlo”, 2011 e “Memoriali bianchi”, 2014 ed è inserita in diverse antologie.
Il testo è preceduto da una nota ricca di acribia di Elio Grasso intitolata “Il rigore di un assedio”.
E’ interessante per entrare nel merito di un’analisi del lavoro che la poeta ci presenta, nel riferirci al titolo, che l’espressione “far capogatto” è impiegata in agronomia per indicare la tecnica della riproduzione delle piante a rami rigidi e inflessibili con cui si conduce un ramo della pianta madre nella terra allo scopo di utilizzare la sua capacità di emettere radici all’apice.
“Capogatto” è una raccolta scandita nelle seguenti sezioni: “Bastìa”, “Capogatto” e “Via dei transiti”.
Tutti i componimenti sono provvisti di titolo e sono quasi sempre risolti in lunga ed ininterrotta sequenza senza nessun punto che interrompa l’elegante fluidità del dettato.
Poetica vagamente e intensamente intellettualistica, quella che ci presenta qui la Barbato, che supera ogni residuo delle tradizioni liriche ed elegiache, pur non presentando mai delle strutture anarchiche o alogiche.
Si potrebbe affermare che una viva vena di neo orfismo connota i testi di Capogatto, nella loro notevole icasticità, nel loro essere gridati ma nello stesso tempo controllati, esprimendo i doni del turbamento e di un forte e sentito stupore per tutto quello da cui la poeta è circondata e che diviene di volta in volta poesia.
Infatti vengono detti a volte un “tu”, al quale Emilia si rivolge, presumibilmente l’amato e del quale ogni riferimento resta taciuto, mentre in altri casi vengono nominati paesaggi esteriori ed interiori, sempre in maniera lucida ed esatta, con una grande densità metaforica e sinestesica che si realizza nel notevole scarto dalla lingua standard.
I versi procedono sempre per accumulo scaturendo gli uni dagli altri nell’inverarsi di un ritmo cadenzato e sincopato che crea musicalità e anche una certa magia che si realizzano in ogni composizione. Si avverte, nella parola sempre raffinata, avvertita e ben cesellata una certa coralità, conferita dal tono incalzante che caratterizza ogni poesia che diviene comune denominatore del discorso in atto.
Anche una forma di visionarietà non manca nel discorso di Emilia e la poesia, a volte, può diventare anche un ripiegarsi su se stessa, un riflettere sul poiein medesimo, come in “Mediana”, che è uno dei testi più riusciti.
Sembrano versi che germogliano dall’inconscio, per divenire poesia, che “fanno capogatto” nel loro avere per tematiche tutte le situazioni che si possono cogliere nell’esperienza quotidiana della vita.
Raffaele Piazza
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