Recensione di Vincenzo Moretti a
RAFFAELE PIAZZA, “ALESSIA” in BLOG ROSSO VENEXIANO
Dov’è Alessia? Alessia (se si dà credito ai titoli) sta nella brina, nella gioia, nelle ali del futuro, tra le rose, al lago, a Roma dove “gioca alla vita”; sta in casa, dove, “guarita”, “vince la partita con la vita”. Alessia sta in un ripetuto amplesso (abbraccio o altro che sia) con Giovanni alter ego di un Io poetante che usa e riusa la parola per creare ammirabili effetti fonico-ritmici (bellissimo questo endecasillabo, superbamente assonanzato, che apre la lirica “Alessia e la vittoria”: ”Tesse la tela Alessia in tersa tinta…”), nonché vividissime immagini impreziosite da non banali metafore (qualcuno fra i tanti esempi possibili: “Alessia in forma di donna nuova / ragazza en plein-air, / gioca alla vita” in “Alessia e Roma”; “Bella la vita / ad iridarsi nell’acqua delle cose / di sempre che vengono a galla / come relitti o zattere disanimate / dal naufragio” in “Alessia nel tempo”; “Porta una cesta di fortuna, / il rosso delle mele nella brina / Alessia rosavestita per la vita”, in “Alessia nella brina”), cui si affiancano espressioni di più ermetico sapore analogico (“volano i colombi sul cielo di Roma / vista la densità del tessuto sulla pelle / per resistere”, da “Alessia e Roma”; “e tutta traspare una vita intera intesa / in sintonia tra Alessia e i flussi / delle piante stellanti, / l’eucalipto, il mirto, il filodendro”, da “Alessia al lago”; “s’invera il sogno nell’amplesso: / è l’amore fiorevole atteso ed accaduto / oltre la linea del pensiero del giardino”, da “Alessia e la vittoria”).
Ripetuto amplesso: abbraccio o altro che sia, si diceva. Magari pure abbraccio di Letteratura e Vita, di mistione tra fantasie ed eventi autobiografici. Piazza coniuga il linguaggio di un’avventura (quella con/di Alessia) con l’avventura del linguaggio, in un processo di invenzione, innovazione e ricerca formale: stravolgendo cronologia e principio di causa-effetto, abbandonandosi alla frammentazione della narrazione, ai capricci della mis-memoria, al fluire di un discorso poetico che abolisce ogni pretesa di verità unitaria e che di proposito si presenta frammentario e incerto. Così propone un convincente e fascinoso ritratto di donna, privo di compiaciuti psicologismi e di manierismi liricheggianti. Raffaele Piazza lavora su frammenti di ricordi riesumati, interpretati e magari pure distorti, messi in relazione o in contraddizione con altri frammenti, usando, da stregone tutt’altro che apprendista, sofisticate strategie volte a rappresentare cose che sono al contempo incantevoli teofanie ed ilari avventure dei sensi e dei sentimenti.
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