Maksim Gor’rkij – Minacciosi schiumano i flutti
Versi tra fine ‘800 e inizi ‘900
Fermenti Editrice – Roma – 2017 – pp. 94 - € 15.00
Nota a margine del curatore Paolo Galvagni
Maksim Gor’kij (“Massimo l’Amaro”, pseudonimo di Aleksej Maksimovic Peskov, 1868 – 1936) entra nella letteratura russa e sovietica come narratore. Da semplice giornalista di provincia diviene di colpo – accanto a Lev Tolstoj – il narratore russo più famoso del suo Paese. Il potere sovietico lo dipingerà come il più grande autore russo del suo tempo, padre del “realismo socialista”. Tuttavia testi poetici come “Il canto del Falco”, “Il canto della Procellaria”, “La fanciulla e la Morte” consentono di parlare di lui a pieno titolo anche come poeta. I versi sono una parte imprescindibile dell’opera di Maksim Gor’kij; egli si cimenta in vari generi: la poesia, la ballata, la canzone. “Io scrivo versi ogni giorno”, confessa egli nel 1933 al poeta russo Ivanov. In una delle prime poesie egli si definisce “poeta autodidatta”, che canta inni al futuro: “Non rimproverate la mia musa”. Molti dei suoi versi sono basati sull’ottimismo: la vittoria del principio vitale, del coraggio. “La fanciulla e la Morte” si conclude con l’immagine della Morte che “Costruisce instancabile, indefessa./ Le gioie d’Amore e la felicità della Vita”. Ne “Il canto del Falco” e ne “Il canto della Procellaria” gli elementi naturali (il mare, la tempesta) hanno un chiaro significato simbolico: alle nubi fosche si contrappone la potenza vittoriosa del sole; le forze creative vincono sul lato oscuro della vita, il pessimismo sull’ottimismo.
Gor’kij, narratore, drammaturgo, pubblicista e critico, anche nelle poesie riesce a dire la sua…
Riportiamo alcuni brani tratti dal testo:
…Non accogliete la mia musa
con negligenza e indifferenza;
in questa vita mala e sventurata
io canto inni al futuro
io nuoto, dietro di me
Minacciosi schiumano i flutti.
La via marina è ignota all’anima.
La lontananza è coperta dal manto del buio.
...La Morte taceva e i discorsi della fanciulla
Le struggevano le ossa col fuoco dell’invidia.
Ma il cuore della Morte cosa rivelava al mondo?
La Morte non è madre, ma donna, anche in lei
Il cuore è più forte dell’intelletto.
Nel cuore buio della morte ci sono germogli
Di compassione, d’ira e di malinconia.
A quanto lei amerà di più
A chi è punto nell’anima da perfida malinconia,
Con quanto amore di notte le sussurra
Della grande gioia della quiete!
“Ebbene, - disse la Morte –
sia il miracolo!
Ti concedo – vivi pure!
Ma io sarò accanto a te,
Sarò in eterno vicino all’Amore”…
*
PAOLO GALVANI
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