Viaggio attraverso "MOIRAS" di Francesca Lo Bue
Per questo libro dal titolo un po’ misterioso, che tratta di vita e di morte, Francesca Lo Bue ha abbandonato i colori vivaci delle precedenti raccolte, privilegiando i colori smorti, soprattutto il nero, in antitesi con il bianco della neve, delle colombe, delle nuvole, dell’occhio accecato dalla luce, del fiore dell’albero centenario, della tunica di Cesare, del sole, nonché di tutte le cose “calcinate”, aggettivo che Francesca predilige e ripete spesso nelle sue liriche.
Anche Moiras è una raccolta bilingue in cui l’autrice si muove a cavallo dei suoi due mondi culturali, italiano e argentino, con originale profilo. Il tema prediletto è quello di Roma (dove Francesca ha scelto di vivere dopo la parentesi in Argentina) e del suo tempo ancestrale, visto come malinconia delle emozioni che trascina inesorabilmente in quel limbo chiamato passato. Altri temi sono la vita, la morte, l’odio, le nebbie, il vento, il mare – che raccontano la loro parte nella storia, da coinvolti spettatori.
Dice Giacomo Leopardi che «per gustare e sentire la verità profonda espressa dal poeta bisogna avere forza di immaginazione, sentimento e capacità di porsi nei panni dello scrittore». E infatti questa raccolta, che contiene tutto quello che ci rende semplicemente uomini, cioè la sofferenza, l’amore, la voglia di combattere e tante altre emozioni che, per forza di cose, si fondono e ricompongono con l’ambiente che ci circonda e che trasfiguriamo coi nostri occhi, richiede consapevolmente uno sforzo al lettore. Si propone di intrigarlo con la potenza visiva delle scene evocate dove, misterioso, incombe il tempo.
Il tempo ricordato, il tempo previsto e atteso, il tempo vissuto e rimpianto, ma anche il tempo scandito dal mondo della clessidra, che si impone come specchio dell’esistenza, come modo per entrare, comprendere e mostrare il mondo reale. Sono autentiche elevazioni dell’anima verso il mistero ultimo che alberga oltre il nostro tempo e che, non potendolo prevedere, il poeta può solo cantare.
Si tratta di liriche che con brevi e istintive frasi hanno la capacità di racchiudere l’essenza e la purezza del sentimento, con versi di lunghezze diverse e l’uso di ossimori (agonia serena, dolcezza rabbiosa, oscurità amena, stella opaca, etc.).
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Antonietta Tiberia
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