SEGNALAZIONE VOLUMI = UMBERTO PIERSANTI
Umberto Piersanti – "Tra alberi e vicende" -- "Poesie 1967-1990" – Archinto – 2017 - pag. 321 - € 14,00
Umberto Piersanti nasce ad Urbino nel 1941. Qui vive e lavora insegnando Sociologia della Letteratura all’Università; Piersanti è uno dei poeti italiani più affermati e si è imposto alla critica con la trilogia, pubblicata nella collana bianca einaudiana, composta da I luoghi persi (1994), Nel tempo che precede (2002), e L’albero delle nebbie (2009). Il volume che prendiamo in considerazione in questa sede, raccoglie i primi cinque libri di poesia di Umberto Piersanti: si tratta di raccolte che percorrono l’infanzia e l’adolescenza del poeta. In queste raccolte la dimensione urbinate, per lo più ambientata nella campagna rinascimentale, richiama una matrice intessuta di ricordi e un’eredità che proviene dall’età dell’infanzia, perfino del tempo primo della nascita, e recupera quella tradizione umanistica, dell’arte figurativa di Piero della Francesca, Paolo Uccello e Raffaello, fonte di alimentazione per un grande poeta naturalistico, il maggiore del secondo Novecento, dopo Attilio Bertolucci. Soprattutto si sente l’influenza di Raffaello nel cercare quell’armonia totale con il mondo, un bisogno di misura e di equilibrio e di bellezza rintracciabile nelle colline prospicienti l’Appennino. Rispetto alle tre raccolte della suddetta trilogia einaudiana, nella quale l’autore trova una dimensione autentica di maturità espressiva, nelle cinque raccolte giovanili, racchiuse in questo volume, Piersanti si esprime con una forma più acerba e meno compiuta, seppure alta, che racchiude, in stato embrionale, quello che sarà lo sviluppo successivo della sua opera a partire da I luoghi persi: quello che è una costante, nella poesia di Piersanti è il tema della descrizione del paesaggio, della natura dei suoi luoghi natali, una natura interiorizzata e amata dal poeta, natura che fa da sfondo al paesaggio dell’anima, in una descrizione minuziosa di elementi vegetali e specie animali. È tutta una fitta rete di tasselli naturali, quella di cui parla Piersanti nel suo libro unico, così si potrebbe definire l’opera omnia del nostro, secondo il comune denominatore della natura, che è il filo rosso che lega tutta la produzione di Piersanti. Umberto Piersanti ha dimostrato, a partire dal 1967, anno di uscita della sua prima raccolta La breve stagione, una forza demiurgica legata alla terra, la sua terra. Così da rendere universali gli altipiani a Sud di Urbino, le Cesane, patria elettiva, luogo privilegiato di un canto lirico mitopoietico e mitografico. Perché questi luoghi sono attraversati da una storia personale e quindi seguono un percorso proprio. La componente anacronistica dei versi si collega al valore salvifico già presente nel suono e nella pronuncia de I luoghi persi, che consacrò il poeta ad un pubblico più vasto, raccolta edita nel 1994. e ad una critica che fino a quel momento non aveva allora trascurato il valore della sua produzione, anzi ne colse già in parte l’originalità nel proseguire una poetica della tradizione, senz’altro la più incisiva del secondo Novecento italiano. Tanto che si possono individuare similitudini oggi più che mai con l’opera di Attilio Bertolucci, pur con qualche distinguo. In Piersanti figura anche una dimensione fantastica e visionaria, mentre Bertolucci è sempre concreto e preciso. È probabilmente Giovanni Pascoli il poeta al quale riallacciarsi con più nettezza per una dotazione di mistero che non è di certo esente nei versi di Piersanti. Tanto è vero che nel libro Il canto magnanimo, a cura di Roberto Galaverni e Massimo Raffaeli, nel colloquio con i due critici, il poeta afferma perentoriamente: - “Pascoli mi ha insegnato a guardare tra le foglie, per cui posso vedere che c’è un frammento di legno che galleggia in un piccolo lago, che si è formato dentro un tronco, notare lo Scotano rosso e l’uccello che ci si muove dentro. Ho sempre bisogno anche io di nominare i vari tipi di erbe e di piante.
Ma non potrebbero essere ravvisati accostamenti con la vocazione a cogliere il senso di finitudine umana e l’energia di un piccolo spazio totalizzante di Cesare Pavese, così come il rapporto assoluto con la campagna senese e fiorentina di Mario Luzi, che assomiglia a quella di Piersanti: un paesaggio che spinge a ricreare una sorta di predilezione per quell’”altrove” che rifluisce nel tempo. Si notano meno similitudini con Andrea Zanzotto, che rimane un grande poeta tellurico nel sottosuolo della lingua stessa e c’è da notare che in Zanzotto c’è anche il tema ecologico. Il canto della poesia lirica è possibile, e lo è ancora in questo terzo Millennio che segue un secondo Novecento, convulso, dove si sono alternati il grande stile e l’avanguardia, stelle polari di una disputa alla quale Umberto Piersanti ha contrapposto anche isolatamente, una resistenza fatta di vicende esistenziali, di tempi e luoghi insuperati. Questa è anche la ragione di un’ulteriore testimonianza centrale nella distinzione e pienezza di visione del luogo residenziale inteso come postazione universale. Va detto che, se Piersanti è da intendere come un poeta naturalistico, è riduttivo limitarsi ad inquadrarlo esclusivamente come tale, senza aggiunta di altre peculiarità di una matrice che soprattutto si è delineata in qualità progressiva a partire da Il tempo differente, seconda raccolta in ordine cronologico, uscita nel 1974. Le altre raccolte incluse in questo volume sono La breve stagione (1967), L’urlo della mente (1977), Nascere nel ’40 (1981) e Passaggio di sequenza (1986). Si snoda, dunque, attraverso un lungo iter, la produzione di Umberto Piersanti, che si rivela un esercizio di conoscenza del poeta, una conoscenza di sé stesso, in rapporto con la natura dei suoi amati luoghi.
Raffaele Piazza
0 Commenti:
Posta un commento
Iscriviti a Commenti sul post [Atom]
<< Home page