POESIA = MARTINA DELL'ANNUNZIATA
PAESAGGI DEL SUD
Un passo poi un altro e una strada in salita
asseconda l'altezza di una collina.
Una nuvola ne attraversa la cima,
intangibile come libertà
di aria nuova,
e scivola via sconfinando
lungo il pendio
che separa i miei occhi da una città non mia.
E vi scopro già voci familiari risalire
dalle case addensate a valle,
strette tra i monti e il suono rugginoso
del mare, lunga amicizia di genti diverse
che camminano insieme ad un passo
dal passo della storia.
Ne ha lunga memoria il dorso meridionale
sottratto alla mano livellatrice
di uno standard di urbanità,
che avanza come ardito cavaliere
del progresso a tutti i costi
e dell'impari merito.
Ma io che sono nata qui e non conosco altrove
segno un passo poi un altro sulla scia
di una spinta verticale,
che mi prende per mano dal centro delle conurbazioni
e mi consegna ad un ascoso blu
dietro un cielo sereno.
LE COSE VARIABILI
Entrano in fila, a capo basso, si siedono.
In anticipo sul rito un rito di anticipazione,
il gesto che si svolge in quattro tempi:
la testa il padre, il figlio il cuore.
La formula che apre, la formula che chiude
e nel mezzo accade che si debba tacere.
Nessuna parola che semplifichi,
nessuna che non possa anche salvare.
Non ho mai strappato sufficienti spiegazioni
al reale - razionale della mia filosofia.
Mi sono chiesta chi raccolga, chi difenda
fra le cose variabili
l'uomo e la sua disperazione.
Per un momento anch'io ho avuto dei fratelli.
MAREA
Si muove. Lo sguardo è un'onda che si stacca
lungo la linea azzurrina.
Archi veloci puntati al cielo: ebbrezza,
lassù è salito il suono della terra.
Ricordami, mare. Puntuale al fischio della nave
invade il porto il saluto di chi parte,
di chi resta si stende nell'aria un'agitazione di mani.
Disancorata è la memoria o è un calice colmo
e trema. Salpano assieme, dondolando
occhi vibranti al ritmo del battello,
a separarci è un cenno, la diversa rotta,
la conta dei giorni e delle ore,
mentre risplende alla luce del faro
la scia bianchissima di chi si allontana.
FORMICHE
Un accerchiamento di formiche
ha portato via i resti della cena.
Le guardo e maledico la mia pigrizia,
il dilungarmi in altro, le mie tornite forme.
Non un momento che non sia fatica
è l'epigramma delle minuscole vite;
mi convinco che ciascuno abbia
ricevuto il suo posto e il suo elemento,
soffocando un grazie che non oso pronunciare
per l'orgoglio tutto occidentale
di fare a meno della divinità.
Nessuno di noi ha conosciuto a sufficienza
la necessità della paura.
CANI RANDAGI
Al meteo hanno detto che quest'anno
non ci sarà imbiancatura,
soltanto polvere che si accatasta
sulle linee delle ringhiere addobbate,
i lunotti delle auto si lasciano attraversare
dal braccio del tergicristallo, sulle portiere
la luce è una sospensione di stelle fisse nell'asfalto
prima che il traffico si smembri in fumi e nebbie
lungo direzioni non previste. Nessuno che cammina
sui suoi piedi, solo un uomo ad occhi chiusi
dice a voce alta che dicembre è un giorno lungo
e un canto breve, si piega nel nome di uno
che morì in tre giorni, ma non per sempre,
sparisce all'angolo della piazza
nell'incrocio annerito dai camini,
vigilato da un branco di cani. Ma la poesia è infinita
e il randagismo non è cosa che si risolve in poco tempo,
spostarsi senza contrappesi è una grazia che rapisce
i corpi al giro della folla, senza preavviso,
mentre il telomero che si accorcia nella duplicazione
ci restringe la vita un poco alla volta
insieme al cerchio che avvolge i nostri polsi
e li fa battere e ancora tremare.
MEMORIA
Se ti metti a sedere a sorprenderti è un lampo,
una stretta al collo che ti scuote
e preme contro la compattezza delle ossa:
la chiamano buona memoria,
ma non è che una fibra di filigrana
che si insinua tra la clavicola e la spalla,
l'inizio di un moto interiore quando tu non vuoi
e ti capita ti ricordare controvoglia
anche l'odore del muschio intrappolato nel fondo del paniere,
riavere adesso come fossero vere
le ore trascorse a rincorrersi nelle campagne fuori le mura
e le voci di madre a riportarci a casa quando faceva buio.
Tutto è rappreso al setaccio dell'occhio che si chiude
prima che qualcosa venga a precipitare
sulla pagina vuota, tenuta ferma dalla mano che non scrive,
mentre il palmo di quell'altra è il perno di una leva
che taglia in due la sfera in cui si curva
il racconto deformato di chi siamo.
VITA ELEMENTARE
Dicono che l'età porti con sé
il dono della sintesi,
un'interazione di frasi minime
che non disperda in spazi troppo grandi
qualità in definitiva non determinabili;
se il senso delle cose è quanto basta
non eccede il plausibile,
non si precisa con l' aggiunta di altro,
resta così ampiamente diffuso
che cercarlo è una soluzione vaga.
Tutto si riduce ad un bisogno di chiarezza,
alla visione limpida delle vite elementari.
*
MARTINA DELL'ANNUNZIATA
*
Martina dell'Annunziata è nata a Napoli il 27/05/1994. Risiede attualmente nella vicina Pozzuoli e frequenta l'Università degli Studi di Napoli Federico II, dove si perfeziona in Filosofia.
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