CHIARA OLIVERO, "Geometrie della notte", Pasturana (Al), puntoacapo Editrice, 2014, pagg. 53, euro 8,50
Chiara Olivero nasce a Casale Monferrato nel 1980; Geometrie della
notte è la sua raccolta di esordio.
Il testo non è scandito in sezioni e, come scrive Roberto Agostini
nell’introduzione, rimanda alla tradizione lirica; si nota l’influenza di vari
modelli, dall’idillio dei Greci e di Leopardi ai testi dei crepuscolari.
Quella dell’autrice è una poetica del nitore, caratterizzata da una vena
neolirica pervasa da rarefatta dolcezza.
La forma è levigata e controllata nel suo svolgersi attraverso il ritmo
cadenzato, elegante nella sua vaga musicalità e l’io-poetante è molto
autocentrato.
Nei componimenti la poeta si rivolge spesso ad un tu, del quale quasi
ogni riferimento resta taciuto, e si può presumere che si tratti della figura
dell’amato.
Il dettato che connota la raccolta è permeato da chiarezza, limpidezza
e luminosità, qualità che emergono in un tessuto linguistico che presenta
spesso un tono colloquiale.
Le chiuse dei componimenti sono spesso di tono alto e caratterizzate
da accensioni subitanee.
Seguendo il filo rosso della lettura di Geometrie della notte, sembra di
inoltrarsi in un sentiero terso, di respirare un’atmosfera cristallina, anche
quando la Olivero, e questo avviene spesso, tocca temi dolorosi come il male
di vivere e la difficoltà di affrontare la quotidianità.
È implicito che proprio la pratica del poiein, secondo la Olivero, sia il
miglior antidoto per affrontare la vita, che non è poesia, ma che nella vera
poesia può trovare il varco, per citare Montale, per emergere dalle difficoltà;
difficoltà connaturate all’essere sotto specie umana, per dirla con Luzi.
Il tema del titolo trova la sua realizzazione in Geometrie, uno dei testi
più alti della raccolta, nel quale Chiara afferma di essere stata una linea retta,
che voleva essere un cerchio e che ora è solo un punto sperso nell’universo,
invisibile agli occhi e che nessuno vedrà.
Le stesse geometrie trovano il loro senso notturno nella tematica
espressa nel componimento Anestesia, che apre il libro, nel quale l’autrice
descrive il rinvenimento della pace del corpo e dell’anima proprio tramite un
evento carico di angustia.
Qui l’anestesia stessa è detta come un balsamo dolce che scioglie i
nodi intricati del cuore, quasi come una droga o uno psicofarmaco.
Oltre ai toni dolorosi e ombrosi sono presenti nel testo spesso
situazioni gioiose e quasi idilliache, che fanno trasparire luce e forza
Statisticamente sono proprio le poesie ottimiste a prevalere, venate da
un grande amore per la vita e da riflessioni profonde sull’esistere, sentimenti
che fanno da vettori per versi modellati secondo il tema della speranza.
Elemento costante, nel tessuto linguistico dell’autrice sono la
precisione e la leggerezza di versi molto ‘scattanti’.
L’aggettivazione è frequente e porta al delinearsi di molte sfumature
semantiche; tutti i componimenti sono icastici e bene cesellati con
raffinatezza sulla pagina.
La chiave interpretativa del testo consiste in un approccio consapevole
alla vita e alla bellezza messe su un piano di reciproca osmosi (ci sono
profondi richiami che vanno dall’una all’altra).
Questa fede nella forza salvifica della parola poetica è messa bene in
luce in Il poeta, composizione nella quale con parole semplici ma non
semplicistiche, Chiara afferma, rimbaudianamente, che il vero poeta è un
veggente.
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Raffaele Piazza
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