Domenico Cipriano – "Novembre"- Transeuropa – Milano – 2019 – pagg. 39 - € 15,00
"Novembre" è un articolato e composito poemetto, che ha per tema il terremoto del 23
novembre 1980, che sconvolse e, in buona parte, distrusse Campania e Basilicata,
evento che ha lasciato molte tracce nella letteratura irpina degli ultimi decenni e che
fu un’esperienza incancellabile nella memoria; in certi casi sembra una ferita aperta.
Proprio questa ferita aperta diviene l’occasione della composizione del poemetto da
parte di Cipriano che, ai tempi del sisma, aveva dieci anni e che, vivendo a Guardia
Lombardi, ha vissuto di persona l’evento. Per ricordare diventano ossessivi i numeri.
Ecco allora la sequenza di 23 poesie, come la data del sisma, tutte composte da
“stanze” di sette versi (poesie eptastiche) e un prologo di 34: l’ora serale che spaccò
l’Italia 7,34. Ciò accadde un novembre lontano ma sempre presente, da cui il titolo e
l’introduzione di 11 versi (il numero corrispondente al mese di novembre). La cifra
essenziale della poetica di Cipriano è l’attaccamento radicato ai luoghi della sua
nascita e della sua vita, a partire dalla prima raccolta di versi Il continente perso,
uscito nel 2000, che ha per tema la fine dell’atavica civiltà contadina nella provincia
di Avellino e la perdita del suo retaggio culturale e antropologico a causa della
modernizzazione e dell’urbanizzazione. Cipriano sente fortemente il tema del
susseguirsi delle generazioni anche in Novembre ; nonostante la dolorosa materia
trattata, nessun autocompiacimento è presente nei versi di Cipriano, che sono scabri e
caratterizzati da una fortissima icasticità e da una notevole potenza espressiva;
ognuna delle sequenze del poemetto scorre in lunga ed ininterrotta sequenza e
presenta una certa autonomia, pur essendo indissolubilmente legata alle altre.
Protagonista dell’opera pare essere la terra stessa, nel suo squarciarsi a causa del
sisma, terra che, a livello archetipico, può essere vista come espressione di una natura
matrigna in senso leopardiano:-“trema la terra, le vene hanno sangue che geme e ti
riempie/ è un fiotto la terra, che lotta, sussulta,, avviluppa, confonde/ la terra che
affonda ti rende sua onda, presente in ogni lato/ soffoca il fiato, ti afferra, collutta, si
sbatte, si spacca, ti vuole/ e, combatti, chiede il contatto, ti attacca, ti abbatte, è
fuoco/…”- Attraverso il fluire delle sequenze, l’autore fa emergere uno scorrere di
moltissime immagini, che raffigurano scenari desolati di morti e sopravvissuti,
giungendo ad un effetto quasi cinematografico, attraverso tutto quello che ci presenta,
immagini che procedono per accumulo, sgorgano l’una dall’altra. Le ventitré poesie
sono precedute da un intro, che idealmente si lega al prologo finale: formalmente
intro e prologo sono caratterizzati entrambi da una forte verticalità, mentre le ventitré
composizioni presentano, nella maggior parte dei casi, versi lunghi e molto ben
controllati. Novembre è un’opera drammatica, caratterizzata da una grande crudezza,
e c’è, in essa, anche la componente di un grande realismo, che si esprime nelle
raffigurazione di una quotidianità molto concreta, relativa ai giorni più caldi del
terremoto, con le notizie frammentate, le persone conosciute, le visite inaspettate, i
ponti caduti le nuove scosse, i falò accesi, il pianto e le grida, tutti elementi che
vengono detti dall’io-poetante con grande efficacia. Un poemetto per non
dimenticare.
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Raffaele Piazza
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