"Il suono solitario di quell’armonica"
Il suono solitario di quell’armonica, si spandeva
nell’aria dolce della sera, con il fruscio delle foglie
nel vento; come una triste nenia cantava giornate
lontane e di sorrisi all’aurora che sorge, il silenzio
di lunghi inverni e amori sbiaditi nel tempo.
Mi prendeva con tenerezza, come un fiore tra le
braccia del vento, regalandomi il ricordo e l’odore di lei.
Come una rosa con le spine, strappava dal mio cuore
frammenti di ricordi dissolti.
Quel suono mi portava ai suoi rossi ciuffi di capelli
ribelli, che le pendevano da un lato, ondulati e morbidi
che danzavano insieme alla dolce brezza dell’estate
e volando, denudavano il suo collo delicato e bianco come
le vette innevate in inverno, dove il cielo, avido, posava
baci languidi e teneri, seminando melodie di tenerissime
onde di colori, nell’aria delicata e fulgida del mattino, annunciando
la primavera e spargendo zampilli profumati di fiori di ciliegi
novelli, da regalarle.
Tu gracile rosa, annaffiata dall’acqua scaturita dalle mie
lacrime, cresciuta nell’angolo più stipato del mio giardino, tra
sterpi e pulviscolo, dove farfalle variopinte giocano ancora
sognando con prati fioriti e primavere felici e sulle ali
del vento, levano inni alla vita all’ombra di un salice piangente.
Tu, divenuta la più superba e bella tra i fiori del mio giardino, tu
che a sera contempli le colline luminose al calar del sole, nelle
giornate ventose; ed io, in quell’angolo, che aspetto e bramo
ancora di accarezzare quei ciuffi morbidi e lisci, dal suono delle onde
fluttuanti del mare, nel sole fresco che nasce tra i monti ridenti.
*
Antonio Forgione
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