sabato 21 dicembre 2019

POESIA CONTEMPORANEA = ALFONSO CATALDI

Gino Rago: "Un polittico in distici di Alfonso Cataldi",

Alfonso Cataldi

Come dirimere la direzione delle venature (scritta a quattro mani con Giorgio Linguaglossa)

L’astronauta rovistava fra gli avanzi del pranzo
del giorno prima quando fu sorpreso da certi marziani verdi i quali

erano di stomaco forte e mangiavano delle bistecche di montone crudo
e io ne fui sorpreso perché invece della resina di pino

bevevano cognac con della Cola Cola e Ginger Fizz
e fumavano del tabacco cubano… non saprei dire altro però,

Signor commissario…
no, non erano dell’era glaciale ma di prima, direi del cenozoico, o giù di lì…

– con quella gamba messa male
erano atterrati col paracadute sulla terrazza della Tower Trump at Chelsea, New York

mentre Olga dichiarava il suo amore eterno per Billy the Bud…
tu mi chiedi che fine ha fatto Billy the Bud?, ma che importanza vuoi che abbia!

la stanza era di mezzo metro quadro, per dire chiaramente:
consolidarsi, senza preavviso…

nel monolite apparente del tempo che rimane in sospeso…
La signora Madeleine vende la sua ombra alla casa di riposo

e fugge tra le mura della terza elementare, a Étretat
abbandonate a causa della guerra.

Una giovane insegnante sbagliò ad imboccare il viale dietro il piccolo cancello
e si trovò di colpo su Titano a meno settanta gradi centigradi con il colbacco in testa

e gli autoreggenti di pizzo…
ma forse questi ricordi sono un po’ confusi però spiegano bene

la teoria evolutiva dell’azzardo cosmico quando un bel giorno iniziò il Big Bang…

*

«A rivederci dalla balaustra al ginocchio
sulle intenzioni pre-matrimoniali.»

L’incipt è disdicevole, si vocifera nei portierati, più dello strapiombo reale
tra il leggìo e le parole in decantazione.

Sul lato di via San Barnaba il procuratore capo distribuisce volantini
“vietato sporgerti se non sei degli anni 30”

Meno slanciati, certo, ma tutti ritiravano
le uova cautamente allo sportello del new deal.

«Giacomo è tardi, andiamo a fare la doccia»
«La doccia no, preferisco a spezzatino»

col corpo in equilibrio sulla trave
in equilibrio sulla calce che bolle

Anas Al-Bashar sbilenca il cravattino
e prepara il piano terra per i futuri sposi.

“Deontologia professionale” insiste il picchetto antistante
l’onore e l’ossobuco sfrigolanti. Col naso all’insù

il cinghiale inciampa al primo tormentone del bozzagro
appena fuori città.

Commento di Gino Rago

Ci ricorda Giorgio Linguaglossa una riflessione del padre del «tempo creativo» dei sistemi, (da alcuni di noi accolto come “tempo interno” nei nostri tentativi di versi volti a nuovi orizzonti estetici), Ilia Prigogine, che

«non esiste un sistema che non sia instabile e che non possa prendere svariate direzioni»,

e assume il principio della instabilità d’ogni sistema bio-fisico-chimico nella essenza estetica della NOE e scrive:

“La nuova ontologia estetica segue il medesimo principio coniato dal grande chimico russo. Parafrasando lo scienziato potremmo dire che

«la forma-poesia è un sistema instabile, infatti, non esiste un sistema che non sia instabile e che non possa prendere svariate direzioni».

Quanto detto è talmente vero nel suo polittico scritto in collaborazione con lo stesso Linguaglossa, polittico in distici di notevolissimo interesse linguistico, che Alfonso Cataldi suggella due situazioni esilaranti:

1- “[…] La signora Madeleine vende la sua ombra alla casa di riposo

e fugge tra le mura della terza elementare…”,

dove non è difficile avvertire la madeleine proustiana del tempo passato, il dolce preferito di Marcel Proust, il cui sapore e la cui forma l’autore della Ricerca del tempo perduto recupera a forza di percezione, e non di memoria, così rimanendo impigliato nel flusso spazio-tempo e nel tri-dimensionale, senza l’approdo al quadridinsionale in assenza di memoria come quarta dimensione;

2- “[…]Col naso all’insù

il cinghiale inciampa al primo tormentone del bozagro appena fuori città[…]”,

dove l’immaginazione del poeta, l’immaginazione non la fantasia, si inoltra in una boscaglia fitta di sorprese imprevedibili.

Nel caso di “Come dirimere la direzione delle venature (scritta a quattro mani con Giorgio Linguaglossa)” di Alfonso Cataldi, il polittico parte da

“L’astronauta rovistava fra gli avanzi del pranzo”

e chiude con il cinghiale distratto ed è per questo valido esempio di “poesia espansa” nel senso che essa abbatte muri e costruisce ponti linguistici tra l’uno e i molti; tra l’Io e il Noi; tra poesia e prosa; tra parole e immagini; tra il ‘900 e ciò che gli è sopravvenuto, fuoriuscendo definitivamente dal paradigma del Novecento.

Poesia espansa nel senso che nella gamma dei decentramenti dell’io, questo processo ha i suoi antefatti nei:

– decentramenti della città (focalizzati verso ciò che le è esterno); – decentramenti della Heimat/casa (computer e televisore prendono il posto del focolare); – decentramenti dell’individuo stesso, dotato come è di strumenti di comunicazione (cuffie, telefoni cellulari, radio, televisore) che lo tengono permanentemente in contatto con l’esterno e, per così dire, fuori da sé stesso.

In tali scenari dell’iper-post-postmoderno, Alfonso Cataldi e Giorgio Linguaglossa in Come dirimere le direzioni delle venature, scandagliano fra gli interstizi del possibile poetico le svariate possibilità linguistico-estetiche della poesia in espansione la quale se da un lato abbatte muri e barriere, non soltanto fra popoli e persone, ma anche fra i diversi linguaggi possibili, contaminando e contaminandosi, cedendo e ricevendo immagini e parole, dall’altro propone ponti

– tra l’uno e i molti;
- tra luoghi antropologici e non-luoghi;
– tra l’Io e il Noi; – tra poesia e prosa; – tra parola e immagine; – tra suono e senso;
- tra dialoghi e monologhi;
- tra scienza e letteratura; – tra il Novecento e ciò che gli è sopravvenuto.

Roland Barthes lo ha detto da lunghissimo tempo:«È soltanto nell’esistenza sociale che antinomie come soggettivismo e oggettivismo, spiritualismo e materialismo, attività e passività perdono il loro carattere antinomico».

Un lavoro da me letto da poco tempo (non ricordo l’autore), proponeva una riflessione su ciò che succede in una sala cinematografica dopo i titoli di coda : «Terminato il film, naturalmente il film del Novecento, lo schermo ancora resta illuminato, ma le immagini di prima non scorrono più e non si vedono ancora nitidamente quelle nuove… Ma un nuovo film sta per cominciare…»

Il nuovo film che sta per cominciare è il polittico in distici. Scrivere un polittico in distici, e non un componimento o una poesia in distici, è misurarsi con l’ Estetica della distrazione, ma dentro la poetica dell’archeologo e attraverso l’unico sentiero possibile: il lavoro sul Logos che consenta alla poesia di farsi luogo di incontro fra linguaggi differenti e istanze d’ogni genere verso una patria linguistica la quale altro non è per il poeta che il «cerchio del dire» in cui le cose vanno incontro al poeta per essere com-prese. L’unico spazio, quello del cerchio del dire, nel quale le “cose” sono in grado di venirci incontro e di parlar-ci.

Un polittico come questo a quattro mani di Alfonso Cataldi-Giorgio Linguaglossa testimonia che la energia creativa nei due poeti qui esaminatinon si è affatto affievolita ed è testimonianza militante di convivenza dinamica nell’ intreccio nei versi pro-posti in forma di disticidi compresenze multidisciplinariattive di audacia linguistica e di coscienza teorica, di pulsioni fantastico-immaginative e di consapevolezza dello spirito del tempo.

E segnano una cesura direi definitiva con la parola orfica, elegiaca, innamorata, minimalista, emozionale, confidenziale, autoreferenziale, narcisistica dell’intero tardo novecento poetico italiano.

In L’atto estetico, Enrico Mucchi Editore, Modena, 2010, Baldine Saint Girons scrive:

«[…]Distinto dall’atto artistico, dall’atto scientifico e dall’atto discorsivo, l’atto estetico svolge un ruolo essenziale non solo nella creazione, ma anche nella conoscenza e nel dialogo.[L’atto estetico] rimodella il mondo creando universali di immaginazione[...]

Con un medesimo slancio, l’atto estetico salvaguarda il mondo, crea un legame sostanziale tra gli uomini e permette di sfuggire alla doppia trappola del narcisismo e della malinconia».

E il polittico in distici essendo esso stesso un atto estetico ri-modella la forma-poesia novecentesca e tardo-novecentesca perché tende al superamento proprio della “doppia trappola” della malinconia piccolo-borghese e del narcisismo di quell’io-poetante, centro-e-unità-di-misura-del-mondo, da ripudiare definitivamente.
*
Gino Rago

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