venerdì 6 dicembre 2019

SEGNALAZIONE VOLUMI = GINO RAGO

Gino Rago (a cura di), Poesia Contemporanea Internazionale verso il Paradigma dello Specchio (un progetto editoriale di prossima pubblicazione)

Prefazione

Gran parte delle ragioni che mi hanno spinto a indagare nella poesia contemporanea, e di questa, antologizzata, perché per me la più avanzata sul piano dello stile e del lavoro di scandaglio fatto dai poeti scelti sul logos nel loro confronto lirico-dialettico con il paradigma dello specchio, è condensata nella missiva a me diretta da Giuseppe Talia, che riporto:

«Caro Gino Rago, è molto interessante questa indagine sullo specchio che stai conducendo in queste pagine. Che cosa è lo specchio se non la storia delle generazioni che si succedono nel corso del tempo. E’ impossibile esprimere – scrive Tarkovskij – la sensazione finale che questo tipo di ritratto produce su di noi. Secondo Lacan, attraverso lo specchio il bambino arriva, attraverso varie fasi, a riconoscere se stesso separato dagli altri e di conseguenza prende coscienza di sé. Ciò che si verifica davanti allo specchio è la costituzione del proprio Io. Il riflesso speculare ricopre per il bambino il ruolo che il Doppio assume per il conflitto narcisistico nell’adulto. Questo testo che ti sottopongo è interamente calato nell’odierno narcisismo, nella doppiezza in cui però la costruzione del proprio Io porta con sé una malattia: la metafora di Nietzsche sul cammello, per esempio. La passione per la libertà, la passione per la creatività, come afferma Massimo Recalcati, non è la passione fondamentale, la passione fondamentale che orienta la vita umana è la passione per le catene[...]».

Altre ragioni non meno urgenti a sostegno della idea o volontà di indagare la Poesia contemporanea verso il paradigma dello specchio derivano direttamente dalla domanda che Giorgio Linguaglossa pone alla filosofia:«C’è una differenza ontologica fra l’immagine allo specchio e l’immagine che sta nella mia testa?», partendo dalla Dialettica negativa [pag.68] di Adorno che scrive:«Lo specchio è un concetto aporetico per eccellenza, perché converte il più concreto nel più astratto, e quindi il più vero nel più falso». In ciò, conclude Linguaglossa:« lo specchio è l’esatto contrario dell’essere, concetto anch’esso aporetico in sommo grado, perché quest’ultimo trasforma il più astratto in più concreto e quindi più vero».

I 27 poeti antologizzati hanno in comune una cifra che nella scelta operata è stata per me decisiva: la tensione metafisica, se non mistica, che emerge dai loro versi. Cifra che induce questi poeti a confrontarsi con il mondo visto da uno specchio attraverso il quale scorre la vita misurandosi con l’indicibile, ma senza la pretesa di possederne le risposte. Sotto lo sciame degli aerei da bombardamento, il lettore continui a tagliare il suo cocomero[...]

Edith Dzieduszycka

Lo specchio nello specchio…

La luce venne accesa
Lo specchio nello specchio
ora si rifrangeva
Una frattura oscena lo deturpava
Rimanere nell’ombra avrebbe preferito
non gli fu dato scelta
A piegarsi costretto
all’infinito quella ferita
avrebbe riflettuto
Altre facce passando
di breve lampo accese
turbavano le acque
prima d’allontanarsi
D’argento non brillava
lo stagno ma di piombo
Scagliate da lontano
le pietre – arme improprie –
cadevano crudeli con grida di dolore
Di sanare lo specchio
nessuno si curava
Le fratture – si sa –
sono pronte a scavare
nel letto addormentato
ferite più profonde.
*
Giorgio Linguaglossa

"Il Signor Posterius"

sulla sinistra, c’è un vuoto; metto una mano nel vuoto,
faccio un passo in avanti:

di fronte ad uno specchio con la cornice bianca
c’è un altro specchio.

i due specchi si specchiano nel vuoto,
illuminano il vuoto, specchiano il vuoto che è nel loro interno.

sul fondale, c’è una porta, dietro la porta,
una Figura maschile con la giubba nera

e bottoni di madreperla
da cui risalta una gorgiera bianchissima

bacia sulla gota una dama bellissima
in crinolina bianca.

l’uomo sembra di passaggio, forse è lì per caso;
è immobile sulla soglia [dietro la soglia una vampa

di luce lo investe alle spalle] forse emersa da un’altra stanza,
o da un corridoio attiguo al bianco del nulla.

sta lì, in attesa.
assume una posa, forse osa un passo che non accade,

il suo sguardo occupa la scena, e la scena
respinge il suo sguardo.

la figura accenna un movimento, che non c’è.
la bellissima dama accenna un inchino, che non c’è.

adesso, la Figura è un osservatore distratto
che sta curiosando nelle suppellettili del nostro vuoto

semipieno, o pieno semivuoto.
sulla sinistra,

c’è un vuoto che abita uno specchio bianco,
dietro lo specchio con la cornice bianca

c’è un altro specchio…
*
Ewa Lipska

Lo specchio

Cara Signora Schubert, mi capita di vedere
Nello specchio Greta Garbo. È sempre più simile
A Socrate. Forse la causa è una cicatrice sul vetro.
L’occhio incrinato del tempo. O forse è solo una stella
Che sbraita nel vaudeville locale.
*
Filomena Rago

"Riemerge dal nulla uno specchio"

Buio e assenza.
L’oscurità batte sul tamburo del silenzio,

L’ombra si allunga.
I colpi si affievoliscono,

Il tamburo tace,
Riemerge dal nulla uno specchio.

Soltanto adesso Jenny
Vede l’immagine di una immagine.

Due ali d’angelo alle sue spalle,
La città tintinna alla finestra

Come un serpente a sonagli
*
Gino Rago

Un colpo di vento ha capovolto lo specchio

Un colpo di vento ha capovolto lo specchio.
Fondo del suo cristallo,
magie d’acqua.
Gli occhi non sono quelli d’allora,
il tempo rimescola correnti.
Dal fondo del lago-cristallo
il corpo riemerge senza forma,
lacerata da lame di spuma.
Lo specchio è l’abisso.

L’immagine è scissa in vermi e rughe.

Altri pesci guizzano [gli anni passati
ma chi li riconosce?]

Tu fondo dello specchio non hai colpe.

È l’ultimo guizzo
*
Antonio Spagnuolo

“Riflessi”

Nel riflesso il tuo profilo porpora
ha gli scatti del ritmo che avvolge
le illusioni della nostra passione.
Lo specchio ripete attese ormai negate
quasi a infrangere figure
che si sfaldano al tocco di colori.
Ti sorprende l’attimo che scatta lentissimo,
silenzio della notte ogni sembianza,
cariatide scolpita in marmo, bianca
parabola nel vetro.
I lunghi violini d’autunno dalla voce falsa
traforano gli specchi e lontananze ,
ingorgano ogni sera le mie smanie
trascinando nel buio le dita distorte
ove le trasparenze scompigliano le immagini
nel segreto della tua cifra eterna.
Il ricordo ha l’incanto del sogno,
il profumo del baleno che rincorre,
che varca il cristallo incolore del naufragio,
che inghiotte la memoria e inciampa nel miraggio.
Vorrei che la penombra diradasse il mio dubbio
nel nuovo inganno della seduzione,
rabbia e fantasia delle occasioni mancate.
Riappaiono a migliaia le tentazioni smarrite
nel laccio di quei gesti ad altri ignoti
e ripeto l’intreccio dei silenzi
del tuo svanire.
*
Kikuo Takano

Chiunque si specchia
Che oggetto triste
hanno inventato gli uomini.

Chiunque si specchia
sta di fronte a se stesse chi pone la domanda
è, al tempo stesso, l’interrogato.
Per entrare più a fondo
l’uomo deve fare il contrario,
allontanarsi

*

Commento

I sette poeti estratti dalla Antologia di prossima pubblicazione, Edith Dzieduszycka, Giorgio Linguaglossa, Ewa Lipska, Filomena Rago, Gino Rago, Antonio Spagnuolo, Kikuo Takano) si confrontano con il Paradigma dello Specchio. La tematica dello specchio, unitamente a quella dell’identità, svolge un ruolo centrale nella poesia verso una «nuova ontologia estetica». La parola «specchio» deriva da «speculum», ed ha la stessa radice di «speculazione», cioè pensare qualcosa in rapporto ad un’altra. Lo «specchio» ci mette dinanzi agli occhi una immagine nella quale spesso non ci riconosciamo, e ci invita a pensare noi stessi in rapporto a ciò che vediamo riflesso nello specchio. Roland Barthes scrive: «Lo specchio non capta altro se non altri specchi, e questo infinito riflettere è il Vuoto stesso […]».

È dal non-riconoscimento che ha inizio la speculazione intorno a ciò che noi siamo e ciò che non siamo; è attraverso l’immagine esterna a noi che possiamo speculare intorno a ciò che siamo o non siamo, perché ciò che noi vediamo di noi è sempre altro da ciò che noi credevamo di sapere…

Gino Rago

1 commento:

  1. "...perché ciò che noi vediamo di noi è sempre altro da ciò che noi credevamo di sapere…" o di essere.E' lo strumento fallace delle nostre speranze, illusioni, angosce, un compagno vizioso da rilegare nel magazzino delle scorie.

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