CELINE MENGHI - Dire Mu - Genesi Ed.- Novembre 2019 - €18
Ho appena finito di leggere Dire Mu di Céline Menghi e sono rimasta affascinata e soggiogata, trascinata per tutto il tempo della mia lettura dal flusso impetuoso del suo molteplice racconto, ballottata nei meandri delle parole, pensieri, ricordi, ritratti, citazioni, amori, amicizie, atmosfere, che alternativamente lei sfiora e approfondisce nell'ambiguo gioco della sua ubiquità e duplicità, nel suo rappresentarsi una e duale, Clelia e Vera, attrice e spettatrice.
E' davvero un libro straordinario, fitto denso ricco, il cui titolo enigmatico rimanda alla lettera greca e alla magia della parola, che dice e non dice, esibisce e nasconde. In Italia esiste soltanto la parola "parola", mentre in Francia esiste anche il "grugnito", la parola "mot, che viene dal basso latino muttum, da cui il verbo muttire, dire mu, come fa la mucca!"
Ho fatto anche fatica, lo confesso, perché si tratta di un libro da attraversare piano, forse da rileggere, un libro a cui non importa il lettore... va per la sua strada... le sue multiple strade... senza preoccuparsi del fatto che venga seguito o no. Va meritato, conquistato, capito, elaborato, abituandosi al suo ritmo caotico e frenetico.
Sembra di assistere dal buco della serratura ad una seduta psicanalitica, - questo per me soltanto sensazione, non avendone mai fatto! -, all'analisi dolce ed insieme feroce di una mente colma di "cose da dire" che premono sull'uscio della coscienza, di un'anima complessa che si dà e si nega. Evocano la famiglia, nonna molto speciale, fratello, madre e padre ormai anziani e inafferrabili, amori sfumati nell'ombra o nella morte, lunghe amicizie, viaggi e luoghi incantati come i paesaggi delle favole.
Si spera nello sviluppo d'un racconto ma si rimane spesso "sur sa faim" e "sans fin"! Così non sapremo che fine ha fatto il musicista Gi, sempre in tournée ai quattro angoli del pianeta, e il cui ingresso nella vita di Clelia sembrava averle impresso un'impronte importante e durevole. Ma soprattutto, irruenti e spesso a zig-zag, come lampi illuminanti presto ripiombati nella notte, sbocciano sguardi e considerazioni intime sulla vita, sullo stare con se stessi e in mezzo agli altri. Sembra di avere acchiappato il bando d'una matassa ingarbugliata, ma subito ti sfugge dalle mani o si ritrae o apre a nuove strade. Si tratta di un libro irritante e frustrante ed insieme ipnotico e accattivante nel vero senso della "parola" perché approda a dei punti che credevi fermi, forse punti di partenza di una storia compiuta con un inizio e una fine, ma ti accorgi poi che non è così e che scappano in altre direzioni. Così a volte ti arrabbi, ma ti costringe ad un'attenzione costante e a fior di pelle: un ottimo esercizio di attenzione e percezione.
Libro intelligente, raffinato, colto, pieno di citazioni e rimandi, che va meritato e goduto fino in fondo. Lascia il lettore con la sensazione di aver percorso una strada accidentata, passando sotto gallerie oscure, riemergendo alla luce di un sole accecante per ritornare al buio. Caleidoscopio, puzzle insieme cupo e luminoso e coloratissimo di cui ti tocca raccogliere le tessere variegate per ricostituirne il disegno, una tappezzeria preziosa dalla quale riannodare fili e fila sparsi per ricomporne la trama sottile e slabbrata.
Non poteva essere stato scritto che da una persona intenta a frugare nelle anime, sua ed altre... Infatti Céline Menghi è psicoanalista a Roma, membro della Scuola Lacaniana di Psicoanalisi e della Scuola Mondiale di Psicoanalisi, docente dell’Istituto freudiano per la Clinica, la Terapia e la Scienza. Scrive su «La Psicoanalisi» e altre riviste italiane e straniere. Ha collaborato alla traduzione di alcuni seminari di Jacques Lacan: La relazione d’oggetto (Eini, 1996) e Il Sinthomo (Astrolabio, 2006).
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EDITH DZIEDUSZYCKA
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