mercoledì 29 gennaio 2020

SEGNALAZIONE VOLUMI = PIETRO CARDONA

Pietro Cardona – Mi arrampicavo ancora sugli alberi---puntoacapo Editrice – Pasturana (AL) – 2019 – pag. 79 - € 12,00

Un senso religioso ed etico serpeggia nella prima poesia programmatica fuori dalle scansioni del volume a partire da un’invocazione a Dio nell’incipit della prima strofa, nella quale l’io – poetante rivolgendosi al Signore dice con urgenza di sentirlo con intensità in ogni fibra del tempo e del suo corpo, un Dio immanente.
Nella seconda strofa del componimento, in continuum con la prima, a partire dall’unità minima ma il poeta cade nel pessimismo affermando che nel quotidiano affanno della storia nella cronaca di ogni cosa umana incombe il ghiaccio dell’abbandono, della perdita.
La vita dà scacco nell’assenza di Dio, che comunque è un momento forte.
E il poeta afferma con una chiarezza illuminante che la presunta salvezza, gettati noi sotto specie umana nel mare magnum del mondo, consiste nel perseguire ostinatamente la parola, il gesto che diradi la paura della sera.
Nella quarta e ultima strofa di questo componimento senza titolo il poeta afferma con un’apertura alla speranza che è giusto onorare l’uomo, il creato e la memoria nel riconoscere la gioia tramite il profitto domestico che si realizza nel passaggio da una generazione all’altra.
Seguono le ripartizioni del libro che sono le seguenti: Assenza, L’anno del lungo autunno, Il gesto indelebile, I miei figli mi costringono ad essere, Al tempo in cui mi arrampicavo ancora sugli alberi, Il camino, Insonne…, Quando passa oltre.
Una vena intellettualistica e speculativa, dunque, pare essere la cifra distintiva della raccolta e della poetica in generale di Cardona come già si evinceva nel precedente libro L’ascesa e la rinuncia”.
Ma Dio può divenire anche dio, il nulla e la sequenza del limite.
Quindi in bilico tra un atto di fede e nichilismo si gioca la partita dalla quale scaturiscono i componimenti.
Sofferenza e inquietudine traspaiono in queste composizioni sempre controllate e il poeta non si geme mai addosso nel cercare comunque il senso della vita che è una cosa possibile anche se il sottopassaggio rileggendo la cronaca per lui non c’è.
Sospensione e magia connotano i versi di Pietro sempre raffinati e ben cesellati e che spesso hanno venature anarchiche.
Inevitabilmente in un contesto simile anche il tema della morte è affrontato, una morte possibile ad ogni passo, in ogni attimo anche se si rimane in vita e ogni attimo pare sottendere la possibilità della fine.
Il mistero in una sequela di immagine sempre pregnanti e affascinanti è il filo rosso nell’ordine del discorso del testo.
Tra accensioni e spegnimenti i componimenti che sono tutti leggeri e icastici e antilirici si stagliano sulla pagina e al lettore pare di affondare nelle pagine stesse in tessuti articolati, compositi e omogenei.
Arrampicarsi sugli alberi non è arrampicarsi sugli specchi.
C’è una tensione comunque ad un’ascesa che potrebbe avere il senso di una redenzione tramite la parola poetica.
*
Raffaele Piazza

1 Commenti:

Alle 20 febbraio 2020 alle ore 07:49 , Blogger Antonio Spagnuolo ha detto...

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO -----Pietro Cardona – Mi arrampicavo ancora sugli alberi

"Lettera a Raffaele Piazza"

Come anticipato per mail, il Suo scritto coglie la trama essenziale che sottende all’architettura del libro.

Non ci sono dubbi, si parla dell’esistenza e/o dell’assenza, dell’abbandono di Dio.

I due snodi salienti, al riguardo, sono (a parte il testo introduttivo) la poesia di apertura 20 ottobre e la poesia Vento che apre la sezione finale.

20 ottobre è una poesia d’occasione, scritta in seguito a un drammatico incidente avvenuto appunto in quel giorno del 2013 in viale Famagosta a Milano, e che ha innescato la molla da cui ha preso forma il libro. Il 13 ottobre 2013 una donna incinta e il figlio di quattro anni vennero falciati da un’auto nell’attraversare il viale nei pressi del sottopassaggio. La donna e il feto morirono sul colpo, il padre, corso all’ospedale, chiese dell’altro figlio che venne solo dopo ritrovato sbalzato a parecchi metri nello spartitraffico centrale…e il mio non può che essere il punto di vista del padre. In relazione come detto all’esistenza di Dio e di un permanere del senso delle cose.

Vento è semplicemente una poesia su Auschwitz, sui campi di sterminio.

L’una pone la questione nei termini della “storia”, l’altra della cronaca, ma entrambe sono “un’Auschwitz”, quello storico e quello quotidiano, e dunque la domanda portante del mio libro è la stessa di Adorno e di Primo Levi, oltre a essere la domanda chiave del ‘900 e fin qui a mio avviso della Storia umana…” c’è stato (e c’è) Auschwitz, dunque come può esserci Dio? Come può esserci, ancora, Poesia?”

…c’è stato e c’è il camino, insonne…

Inquadrata la domanda, inizia la tensione e tra “l’assenza”, la paura dell’abbandono, la mancanza di “giustizia a misura d’uomo”, e invece la meraviglia, la nuova vita, i sentimenti autentici e l’energia meravigliosa che muove a protezione dal vento di ponente…

Entrambi questi poli sono declinati, nel mio vissuto, con i tratti dell’esperienza anche autobiografica, per esempio nella sezione “assenza” con gli elementi nichilisti di una gioventù arrogante e sopra le righe, o invece nelle sezioni successive con gli elementi di una vita familiare legata “ai valori più umili, dunque più alti”, in una tensione che non può risolversi totalmente ma che trova la sua risposta nelle sezioni finali con l’accettazione della contraddizione e un atteggiamento fondamentalmente di fiducia etica, già annunciato in apertura, di lettura del “cielo terso, dentro di noi”, di valorizzazione della meraviglia dei legami fra noi, le persone umane e il mondo, nonostante la crudezza delle considerazioni di cui sopra…

Nulla di originale, ne sono consapevole, ma il mio tentativo di risposta a quella domanda che, piaccia o meno, non può essere elusa…

E non v’è eccezione

Moriremo

Ma i sentimenti autentici

Permarranno

Aura degli imperi

Nella classicità.

Pietro Cardona

 

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