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Francesca Lo Bue – Itinerari---Società Editrice Dante Alighieri – Roma – 2017 – pag. 153 - € 14,00
Francesca Lo Bue è nata a Lercara Friddi (PA); ha curato diversi studi letterari sia in italiano che in lingua spagnola; ha pubblicato una raccolta di poesie in lingua spagnola, 2009 e il romanzo di viaggio Pedro Marciano, 2009 oltre alle raccolte di poesia Il libro errante, Moiras e I canti del pilota.
Itinerari, la raccolta di poesie di Francesca Lo Bue che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta un’introduzione della stessa autrice e ogni componimento in italiano ha la traduzione in spagnolo a fronte.
Un senso di mistero e magia connota le composizioni di stile narrativo, nitido e affabulante.
Non mancano venature di un misticismo naturalistico e, anche per il fatto che il testo non è scandito, potrebbe essere considerato un poemetto nella sua complessa unitarietà.
Una vena neolirica tout – court caratterizza i testi e il tema della poesia nella poesia è presente nel terzo verso del componimento iniziale Casa antica: /un’elegia vibra, nella pelle di notte/ e la natura pare fare da sfondo evocativo ai versi di grande suggestione e bellezza.
In questo componimento viene nominato un Padre che intuitivamente potrebbe essere considerato il Signore nel verso di grande suggestione /fra dolmen abbattuti cerco il cippo del Padre/.
Del resto, cosa rara nel panorama letterario contemporaneo, la scrittura della Lo Bue si può definire anche elegiaca nella sua efficacia concentrata che include leggerezza e icasticità.
Predomina un ritmo sincopato associato alla narratività dei testi chiari e nitidi che produce musicalità e armonia nei dettati e la stessa casa antica potrebbe essere considerata il luogo dell’eterno ritorno.
In Il libro oscuro la poetessa si rivolge ad un tu imprecisato relazionandosi con lui come interlocutore nell’incipit e anche qui torna il tema mistico perché inoltrandoci in quella che a prima vista possiamo considerare una narrazione ma che invece è poesia scopriamo che il tu è sempre quel Padre, figura della quale nell’incipit è detto il libro oscuro che, visto il contesto, potrebbe essere considerato la Bibbia.
Fattore saliente dell’ordine del discorso del cammino dei testi pare essere quello di una commistione tra senso della natura e senso di Dio che non sembra essere spinoziano (deus sive natura) perché qui i due termini la natura stessa e Dio non costituiscono un’endiadi quanto piuttosto sono due entità, due ambiti separati tra loro nelle loro differenti essenze.
Sembra inoltrandoci nella linearità dell’incanto dei tessuti linguistici di essere pervasi da un sogno ad occhi aperti che è quello dell’autrice stessa che empaticamente si relaziona al creato elevandosi a persona nei sintagmi armonici, raffinati e ben cesellati che esprimono ottime immagini captate dalla cinepresa degli occhi e dei sensi della poetessa, che potrebbero essere considerati a loro volta mistici.
Ma al tema del bene (se Dio è sommo bene) si alterna anche quello del male.
Per esempio in La bugia viene detto con urgenza:/tutto è demone/ bestia ingloriosa e serpe…/
La poeta non può non dimenticare che il diavolo esiste e che come ha scritto Baudelaire la sua più grande astuzia è quella di far credere agli uomini che invece non esiste.
Comunque nella sintesi prevale l’ottimismo con la solarità, e l’io – poetante essenzialmente esprime la capacità di stupirsi, meravigliarsi e anche gioire.
Non manca una venatura di surrealismo nei versi che sono dei veri e propri itinerari come dal titolo, itinerari per le strade del mondo e fortunato il lettore che conosca anche lo spagnolo per cogliere il libro anche nella metafisica della traduzione,
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Raffaele Piazza
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