giovedì 23 aprile 2020

POESIA = FRANCESCA LO BUE

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POESIE DI FRANCESCA LO BUE-
La poetessa affronta in queste poesie il grande tema della maschera. Tema che nei suoi componimenti poetici assume un significato del tutto particolare, poiché si lega a quello della parola in una produzione letteraria caratterizzata dalle due lingue poste in parallelo, quella italiana e quella spagnola. Così la parola esprime la soggettività come una maschera che nell’apparenza linguistica svela e rivela il mistero profondo di una comunicazione realizzata in modo allusivo attraverso le metafore. Del resto non possiamo dimenticare che la maschera, nel carnevale e nel teatro, manifesta il gioco dialettico della relazione tra realtà e apparenza. Si pensi agli esempi paradigmatici rappresentati da L. Pirandello nel suo Uno nessuno e centomila, nonché da R. Musil nel suo L’uomo senza qualità. In questi casi la soggettività nell’abisso semantico del suo enigma profondo si oggettiva in modo identitario entrando nella storia e rendendo possibile la comunicazione. Pertanto, la poesia permette in queste situazioni di travalicare il non dicibile in un pensiero che esprime la vita nella finitezza del tempo.
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Aurelio Rizzacasa
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"LA MASCHERA"

--…E Dio
disse
Profetizza al vento, al vento solo perché il vento solo darà ascolto…
T.S. Eliot “Mercoledì delle Ceneri”--

Ruggine sgoccia e non si vede,
si disfà il riverbero delle maschere al vento,
gridano il suo incubo senza memoria.
La maschera sogna la sua faccia di carne e lacrime,
nell’aria vana del fuoco che s’estingue,
aria vana di una pena profonda che cerca un viso.
Così il dolore se ne va,
stanco della sua maschera puntuta,
stanco della sua pianura di carne e dei fi umi come specchi.
Il dolore se ne va incalzato dalla nube esangue dell’oblio,
verso le contrade delle vitt ime del vento.
Se ne va, nella pianura dell’aria,
nella nube slavata del vento forte di specchi.
Salmastra acqua che cade nei tuffi del trascorrere,
carne senza qualità,
strappi di voci.

"LA MÁSCARA"

--Y Dios dijo
profetiza al viento, al viento solo porque
el viento solo oirá.
T.S. Eliot--

Herrumbre cuela y no se ve,
se deshace el resplandor de las máscaras al viento.
grita su pesadilla sin memoria.
La máscara sueña un rostro de carne y lágrima
¡el del aire suyo!
en el aire vano del fuego que se extingue,
el aire vano de una pena honda.
así el dolor se va yendo, cansado de su máscara
puntiaguda,
cansado de su llanura de carne
y de los ríos como espejos.
El dolor se va yendo acosado por la nube desleída
del olvido,
hacia las comarcas de las víctimas del viento.
Se va yendo, en la planicie del aire
en la nube desvaída del viento fuerte de espejos.
Salobre agua que cae en los flujos del transcurrir.
Carne sin cualidad,
desgarro de voces.

"MAYA"

Gli astri scendono con le maschere,
scintille di pena e solitudine,
affinché danzino tra noi.
Le inventarono per divertire,
con sguardi di zucchero portano messaggi arcani:
la ventura del sangue impetuoso.
Aspettano il forestiero della terra
per portarlo al tormento dell’illusione.
La vita chiama,
la tua carne, la carne che decade, aspetta giubilare,
ma tu devi portare il tuo silenzio
sopra fuochi assordanti.
È la storia della tristezza,
quando il sole arriva frettoloso a cercare la sua pace,
camminando tra i vetri infranti della pena
nella solitudine della luce frantumata.
Scorrono le visioni,
ingranaggio di parvenze,
si costruiscono realtà effimere per coltivare l’unicità.
Il tuo occhi vuoto,
lontano da pozzi fatui e spade tortuose,
arriverà alla baia bianca.
Lì,
né giochi di passione né bilance cieche,
né tempo né estensioni geografiche,
ma la quiete dei venti a dare pace
al guizzo del tuo cuore.

"LOS MAYAS"

Los astros descienden con las máscaras,
en chispas de pena y soledad,
a danzar entre nosotros.
Las inventaron para divertir,
con miradas de azúcar traen mensajes arcanos:
la aventura de la sangre impetuosa.
Esperan el forastero de la tierra
para llevarlo al tormento de la ilusión.
La vida llama,
tu carne, la carne que decae espera exaltarse,
pero tú debes llevar tu silencio
sobre fuegos ensordecedores.
Es la historia de la tristeza,
cuando el sol llega apurado a buscar su paz
caminando entre los vidrios rotos de la pena
en la soledad de la luz triturada.
Se recorren las visiones,
engranaje de apariciones,
se construyen realidades efímeras para cultivar la unicidad.
Tu ojo vacío,
lejos de pozos fatuos y de espadas tortuosas,
llegará a la bahía blanca.
Allí,
ni juegos de pasión ni balanzas ciegas,
ni tiempo ni extensiones geográficas,
sino la quietud de los vientos para dar paz
al corazón inquieto.
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FRANCESCA LO BUE

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