Angelo Gaccione : “Spore” – Interlinea edizioni – 2020 – pagg. 86
Una copiosa rincorsa agli aforismi che sbocciano da questi versi, fulminanti, vertiginosi, agguerriti, quasi a voler concepire un mini trattato di filosofia spiccia, che accarezza la quotidianità e ne illumina i tragitti tortuosi. Per recuperare gli orizzonti della condizione psicologica che attanaglia il poeta il percorso che la solitudine del pensiero traccia è un prisma che riflette varie colorazioni e si mescola con le immagini in ritmi sempre uniti che snodano l’atto della riflessione.
“Si lavò a lungo le mani,/ le strofinò con cura:/ era denaro che grondava sangue.”
Così, il fotogramma è chiaro, il dettato pure, ed in questa prima sezione del volume: “Per il verso giusto”, il ritmo che incalza è tutto un fremito continuo di lampeggi, tra nodi da sciogliere e analisi psicologiche, che hanno un rapporto entusiastico tra la fantasia ed il compromesso. Puntuale ed acuto analizza l’insicurezza ontologica che diventa illusorio recupero dell’integrità per ogni mediana svolta del pensiero.
“È un teatro sacro e profano assieme, quello allestito nella prima sezione del libro,- scrive Alessandro Zuccari in prefazione- dove non c’è figura e non c’è situazione che non venga presa “per il verso giusto”, con effetti di straniamento che sconfinano non di rado nella rivelazione (un esempio fra i tanti: «La morte andando per via, / incontrò la miseria. // “Ci mettiamo insieme?” le chiese. // “Ho sposato la guerra”, rispose, / “sei arrivata tardi”»).”
Nella seconda sezione “La presenza dei morti” il verso diviene più sostanzioso, adagiandosi spesso all’endecasillabo o addirittura sfociando nella frase completa di una prosa. I contenuti cercano la fonte di tutte le nostre incredulità, un alternarsi di brividi, tra “una finestra rotta” ed il “salmodiare nel cimitero”, o ancora per “Il vuoto che ho provato all’improvviso,/ d’essere solo al mondo./ Ero padre anch’io,/ ma me ne accorsi,/ quando persi te.”
L’esistenza delle cose ammette la non significanza, mentre anche l’insicurezza salva l’integrità della poesia, una scrittura pacatamente controllata, nella sua forma sempre intellegibile e incisiva.
ANTONIO SPAGNUOLO
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