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Maria Lenti, "Arcorass / Rincuorarsi", Intr. di Sanzio Balducci. Postfazione di Manuel Cohen, punto a capo editrice, Pasturana, 2020.
È stato piacevole leggere l’ultima pubblicazione della poetessa urbinate Maria Lenti, Arcorass, edita per i tipi di punto a capo editrice a marzo di quest’anno. Lo è stato principalmente per la curiosa operazione linguistica adoperata nel corso del nutrito volume di liriche nelle quali non ha usato – come di consueto – la lingua nazionale né propriamente il dialetto di Urbino (col quale ha scritto vari testi), bensì una riuscita amalgama di entrambi. Arcorass, infatti, nelle liriche che compongono le sei sezioni del volume, fa uso, in maniera cadenzata, a intervalli, di versi in italiano e di altri – ben più espressivi e diretti (com’è la connaturata forza del dialetto quale vera lingua madre) – nel locale dialetto di Urbino, dove è nata nel 1941 e vive da sempre. A introdurre il pregevole testo è una nota tecnica del prof. Sanzio Balducci, docente all’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo” che, con precisione e chiarezza di linguaggio, anticipa – per i tanti non urbinati e non marchigiani che leggeranno il volume – alcune caratteristiche peculiari tanto della grafia che della fonetica tipiche di questo dialetto centrale appartenente al gruppo delle lingue galliche.
La città di Urbino (ma significativa è la presenza anche nel suo hinterland se pensiamo, ad esempio, alla poesia di Maria Conti di Acqualagna) si è dimostrata – nel corso degli ultimi Secoli – particolarmente vivida e fluente nella produzione di versi in vernacolo. Tra gli autori che, in termini più recenti, hanno dedicato pubblicazioni in dialetto urbinate vanno di certo annoverate le poetesse Germana Duca Ruggeri (pur di natali anconetani ma da molti anni attiva nel capoluogo del Montefeltro), Rosanna Gambarara e Antonio Fontanoni. Anche il noto Umberto Piersanti, voce delle Cesane, ha fatto qualche veloce incursione nel mondo del dialetto impiegando in alcune sue poesie delle terminologie in urbinate1. Sebbene questo dialetto – come ha osservato la stessa Lenti in un suo recente scritto – sia “privo di una tradizione letteraria”2, possiamo notare, anche se si dà una veloce guardata ai decenni precedenti, che non mancarono esperienze in tal senso (Renzo De Scrilli, Bruno Betti, etc.) sebbene poco note, rimaste nel novero della regionalità quando non addirittura del circoscritto ambiente locale di riferimento a differenza del romagnolo – sul quale la Lenti ha abbondantemente scritto nel volume saggistico Cartografie neodialettali (2014) – che, invece, per mezzo di alcuni esponenti, ha avuto una diffusione ben più che regionale (il caso di Raffaello Baldini e di Tonino Guerra è ben esemplificativo, ma anche della giovane Annalisa Teodorani nella nostra contemporaneità).
Nelle poesie che compongono Arcorass che – lo ricordiamo – sono strutturate come a conclusione di un processo di levigazione della roccia con sostrati differenti, le tematiche che riaffiorano sono numerose: dall’amore per l’ambiente e la comunanza con esso, agli affetti e i ricordi che legano la poetessa al passato, l’impegno attivo nel sociale con alcuni testi che, marcatamente, si riconnettono a quella sua esperienza politica nelle file di Rifondazione Comunista (per la quale – come esplicitamente indicato nella nota biografica – venne eletta alla Camera nel 1994 e poi nel 1996 sino al 2001); vi sono anche poesie dal piglio più veloce, dove non si fa difficoltà a intravedere un carattere autoironico e un temperamento spensierato e altre ancora che riflettono sulle forme e le potenzialità dello stesso dialetto. C’è anche l’amore per i viaggi, per il camminare, per il conoscere e il protendersi verso un nuovo e, in maniera massiccia ma mai pedante, l’eco di tanti intellettuali nostrani e non, allusi, richiamati, citati, vagheggiati internamente al suo verso, ripresi con le loro parole a rendere questo cammino poetico, già così ricco di per sé nell’individualità dell’autrice, un vero mosaico di frammenti che sono intertesti continui alla Grande Letteratura.
Il titolo del volume, che in italiano sta per “rincuorarsi”, ha a che vedere con una serie potenzialmente infinita e importante di occorrenze ed eventualità della vita quotidiana, tanto personale che collettiva e concerne, per dirla a grandi linee cercando di evitare appiattimenti di sorta, momenti di epifania, di ripresa del vero, di conoscenza e acquisizione del nuovo, di scoperta, di gioia, godimento, rinata speranza, vivificazione delle emozioni, credenza (giammai quella religiosa, s’intende). In una parola, appunto, di un qualcosa che, per le potenzialità con le quali si manifesta o si produce porta a un piacevole (e spesso mai pronosticato) senso di benessere, di ripresa, di riconciliazione con sé e di conquista. “Arcorass vol dì rincuorarsi/ […]/ liberarsi dalla stanchezza/ dalla noia dalla fatica” (17). In tutto ciò mai viene allentata l’attenzione nei confronti del contesto sociale: di ciò che accade attorno a noi, le condizioni socio-politico-economiche del Paese, finanche il desolante contesto internazionale dominato da belligeranza, indifferenza, lotte intestine, immigrazione e grande povertà economica e morale di alcuni: “allora chi bombarda/ -stamane in Siria trecento morti/ […] che cuore ha/ chi dà ordini/ do’ sta el còr di chi sprem/ il succo delle persone/ per capitali e soldi/di chi fa a pezzi un corpo/ di chi lo violenta”(23) e, in un’altra poesia, “i morti del Medioriente e del Congo, dello Yemen/ della Palestina,/ […]/ le barche che stanno e non stanno a galla” (27).
Vorrei poter concludere queste righe di analisi al nuovo libro della poetessa Lenti con un bel quadretto della sua Urbino ventosa ben reso in una delle liriche che chiudono il libro: “stringe il cuore/ se la incontri del tutto ignara/ di storia e arte/ appare nella sua ferma bellezza,/ irraggiungibile e inaccostabile/ […]/ a Urbin se piagn du volt/ quand s’ariva e quand s’arpart” (103-104).
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Lorenzo Spurio
Jesi, 27/06/2020
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