martedì 15 settembre 2020

SEGNALAZIONE VOLUMI = BRUNO MOHOROVICH

* Bruno Mohorovich – Tempo al tempo - Bertoni Editore - 2017; Pagg. 80; Prezzo: 13,60 euro Eccoci con un poeta che cerca di rasserenare il tempo trascorso, assistendo all’abbandonamento di frammenti d’etereo nel nulla, legando la libertà terrena con tutto ciò che traspare, di liquidabile. Mohorovich sonda l’ultima possibilità, con tutte le debolezze del caso, per smaltire il senso dell’udito e depurarsi lo spirito, alla ricerca semmai di quella dote armonica nella bellezza di un essere da sogno, come lo ha fatto notare perfino il pittore Stefano Chiacchella, autore delle tavole che accompagnano questa raccolta di versi. Tra i versi pulsa la straordinarietà dell’umano contatto in sospeso, l’appuramento di errori commessi non riuscendo a muoversi da sé; con l’illusione di stare nel giusto anche cadendo, lungi volutamente dalla solidarietà, procedendo cioè lungo una via senza luce e non accorgendosi poi di aver raggiunto questa luce, sopravanzato l’inaudito che dà un senso all’idea di respirare, soffrendo. “Mi tengo stretto/ il sollievo dell'oscurità,/ l'unico che mi rimanda/ quest'amore di polvere/ che inalo fino a stordirmi/ e che trattengo/ sino a quando non espiro la visione/ della tua reale essenza”. Una deliziosa massa di parole mai confermate Mohorovich afferma d’aver riportato su carta straccia, come se fosse stressante dipendere dall’istinto, pur propensi a teorizzare sulla lotta contro i propri demoni, giacché la linea che separa l’aldiquà dall’aldilà egli la osserva fino a esaurirsi l’anima. La poetica in esclusiva avanza sciolta su pagine improvvisate e arroganti, tra le ore notturne che assillano allo scoccare non dando modo di dormire a dei sentimenti costretti dunque a raggelarsi, dovendo così pregare che un satellite si accenda tutt’a un tratto, per sortire l’impressione di stare ad amare la vita, invece d’interpretare desolatamente dei risentimenti; con l’atmosfera a pretendere il risveglio dell’umanità che a sua volta s’imbarazza per le illusioni manifestate in uno e più respiri, questi ultimi soffocati dagli eventi. È nel rasserenamento di una sua volontà, frastornata dapprima da un energico mutismo, che Bruno si libera delle angosce; pur con la presunzione a intendere spiccatamente, che gli permette di accettare certe richieste, specie lungo vie oscurissime ma necessarie per riaprire alla grande la mente alle emozioni. Si contano sulle dita le persone care, perciò il poeta preferisce stare solo a lavorare il suo respiro, per lasciarsi poi rapire dall’incanto che un’ambientazione può generare; in egual misura agli occhi tipici del bimbo che si macchia piacevolmente coi colori, senza accorgersi di stare a creare il tutto per entrarci dentro da grande, quando si gioca semmai a dubitare in modo celestiale su ciò che si è come sui luoghi che mutano a forza di vivere. “Aspetto che il tempo/ mi scavi l'anima/ srotolando gli aspri trascorsi/ e apra un varco/ nella profondità e nel respiro”. Tecnicamente, un pensiero dominante affascina per l’estremo, lo straziante e il passionale, tra versi talvolta dolenti, con l’atmosfera che si respira come un’ossessione da ricomporre, e l’umore velato. Lirismo nostalgico, di compatta unicità, mette da parte storie per un destino che chiede d’essere ascoltato affinché non interferisca, col significato della parola che si mantiene per un esercizio igienico, di resettamento mentale. L’insistenza della tematica volge all’appropriazione di un valore profondo, cosicché anche la fragilità e l’inconsistenza sortiscono dell’appartenenza per il lettore, a un’opera sincera. Le monotonie rimandano a dei confini da esplorare col ron ron esistenziale, ambendo alla buona volontà, familiare o imprendibile a seconda di un confronto intellettuale come pure estraniante, dettabile dall’amarezza intimistica che si pone in equilibrio delicato, scandito… argomentata con un movimento lento e avvolgente. * VINCENZO CALO'

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