sabato 12 febbraio 2022

SEGNALAZIONE VOLUMI = FRANCESCO ZEVIO


***Francesco Zevio – Liriche randagie--Puntoacapo Editrice – Pasturana (AL) – 2021 – pag. 100 - € 13,00
Liriche randagie, la raccolta di poesie di Francesco Zevio che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta uno scritto introduttivo coltissimo e ricco di acribia di Alessandra Paganardi intitolato Diario di un’utopia.
Il testo è strutturato architettonicamente nelle sezioni Assenza, Assenzio è in quella eponima Liriche randagie. Cifra essenziale della poetica di Zevio pare essere una vena umbratile che si realizza, s’invera in armonie di onirismo purgatoriale in atmosfere che hanno il dono del turbamento e in realtà nel dipanarsi dei versi per accumulo si avverte una certa tensione conturbante dell’io-poetante, che pare essere scisso anche se teso consapevolmente verso il compimento di un’armonia perduta che potrebbe essere solo un’utopia secondo quello che afferma la Paganardi. Il pregio e la consapevolezza di queste composizioni è sotteso alla scaltrita coscienza letteraria di Zevio che è consapevole di partire dal caos, dall’entropia, dalla ressa cristiana montaliana e contro queste cose il poeta sa che c’è un solo modo per combatterle ed è proprio quello dello scrivere poesie che risultano tuttavia, pur essendo debordanti e icastiche e gridate, sempre controllate. La natura pare essere protagonista, ma non negli squarci idilliaci di paesaggi iridati, di prati e fiori che abbelliscono la terra o alberi belli o albe e tramonti o rondini di platino eliotiane, invece la natura qui è proprio la corporeità, la carne del poeta stesso che si fa parola che è anche quella delle svariate figure femminili dette con urgenza al quale Francesco si rivolge.
E allora tutto risulta randagio come dal titolo, ibrido, la quintessenza di una tensione che potrebbe essere adolescenziale in senso salutare nell’esprimersi tramite le rime e i frequenti endecasillabi in una scrittura anarchica a tratti ma che non sfiora nemmeno l’alogico. Anche una materia affabulante pare essere espressa dal Nostro in un risultato creativo poetico che ha poco scarto dalla lingua standard nel dipanarsi in modo narrativo dei versi attraverso la ricerca consapevole che non è né sfogo, né gemersi addosso anche se la vita dà scacco. Implicitamente in tanta crudezza non può non avvertirsi il tema del male nei fraseggi forti del poeta che toccano tutte le corde dell’essere nell’inverarsi di caleidoscopiche immagini che contengono qualcosa di filosofico nella spumeggiante luminosità che è tenue non solare ma lunare, inconscia.
Pare una poesia proveniente da un inconscio controllato che affiora nei versi nell’attimo atemporale del dire le cose con urgenza e non senza naturalezza. E la corporeità, la carne che si fa parola, ha un ruolo decisivo in questo poiein nel reificarsi anche in immagini volgari come quando Zevio afferma che ha pisciato in parchi bui e pioppeti di notte e tra l’edera selvaggia e che ha pisciato sbellicandosi in faccia alla luna e ai suoi tisici poeti, in un’immagine densa di senso e non senso e non priva di humour e nello stesso tempo di tristezza. Non può assolutamente considerarsi lirica ed elegiaca la poetica del Nostro anche se talvolta tra magistrali accensioni e spegnimenti si avvertono subitanei squarci lirici quando è menzionata una natura primeva e forse uno dei maggiori desideri del poeta detti tra le righe è quello di fusione con la natura stessa che ha come risultato anelato fondamentale quello del fondersi con l’anima e con il corpo di una delle figure femminili dette con sapiente psicologismo.
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RAFFAELE PIAZZA

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