SEGNALAZIONE VOLUMI = IRENE FERRARO
**Irene Ferraro – "Ho rimesso i fiori nel vaso" -marzo 2020 – 2022--Luigi Pellegrini Editore srl – Cosenza – 2023 – pag. 79 - € 12,00
Un’ansia sottesa al dolore di una vita che dà scacco sembra essere la prima sensazione per il lettore di queste poesie che emozionano e sono segnate da un male di vivere di montaliana memoria.
Nonostante quanto suddetto l’autrice non si geme addosso ed è perfettamente cosciente che nel mare magnum del nostro tempo liquido e alienato dove ci mancava solo il Covid proprio la parola poetica può salvare da una vita dove la rimembranza stessa come una provenienza felice può riaccendere e riattualizzare una scintilla di felicità.
Sono i ricordi infatti a salvare da un presente insostenibile e ogni composizione pare essere un messaggio un foglio in una bottiglia lanciata nell’oceano e vari sono gli interlocutori, i tu, ai quali la poetessa si rivolge.
Fortissimo il rimpianto anche di figure di riferimento importanti come quella della sorella dell’io-poetante che è morta lasciando un vuoto quasi incolmabile una cicatrice profonda nell’anima di Irene che fa di tutto per ritrovare il senso della vita che esiste solo scrivendo come potrebbe fare un prigioniero in un lager. Se la vita è dolore l’antidoto è proprio la scrittura poetica e questa salva. Leggendo i versi sembra di provare sensazioni che noi tutti avevamo sempre provato ma che non saremmo mai stati capace di esprimere e questo è un dato saliente della poetica dell’autrice che diviene alta espressione anche di rinnovamento.
Se la vita è questa, se esistono la solitudine, la morte e il mal d’aurora, allora solo il pensiero divergente può salvare espresso in versi e non manca come ancora di salvezza anche un’uscita di sicurezza trascendente quando l’autrice si rivolge a Gesù, Dio e la Madonna punti fermi per quietare lo stesso dolore nell’atto di fede che la Ferraro compie.
E pregnante è il titolo per ritrovare la chiave interpretativa dell’opera se invece di gettare via i fiori presi dal vaso, simbolo di bellezza e amore per una natura che serpeggia nelle poesie, gli stessi fiori anche se non più freschissimi vengono rimessi nel vaso perché possano rallegrare l’anima nella contemplazione che da creaturale si fa personale.
Una matrice lirica pare animare queste poesie come effusione dell’anima di Irene che gioca con le parole con sapienza e sa bene che non solo lei è sotto specie umana e che proprio quando l’ansia si specchia nel fondo dell’abisso può avvenire la risalita salvifica per la poetessa come per qualsiasi persona nella consapevolezza ritrovata del fatto che la vita stessa è degna di essere vissuta.
Altro dato saliente come parte costruttiva del pensiero dell’autrice come deterrente al dolore è la sua capacità di stupirsi ad esempio davanti ad un bellissimo gatto bianco o nel contemplare scenari naturalistici incantevoli che fanno dimenticare il dramma della condizione umana per farci entrare in sintonia con noi stessi e con gli altri.
Un magma incandescente sembra animare i versi e la possibilità di redenzione e riscatto esiste proprio in un consapevole esercizio di conoscenza a trecentosessanta gradi che solo la poesia può fare inverare, realizzare.
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Raffaele Piazza
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