martedì 30 gennaio 2024

SEGNALAZIONE VOLUMI = ELISABETTA BALEANI


**Elisabetta Baleani: "Una doppia assenza" - Ed. V. Conti - 2023 - pag. 228 - € 18,00
Come un semplice diario la narrazione si apre con la descrizione dettagliata di una neoplasia che affligge la scrittrice. Morbo che distrugge e deforma, annienta e stordisce, ma in questo caso sprona ad una introspezione che rende lampeggiante la scrittura.
Le figure allora si susseguono disegnate con mano di abile cesellatore e offrono quadretti che sono variopinti acquerelli. Si affaccia tra le prime una vereconda Olga, che non sa fare conti, ma si destreggia simpaticamente con il pianoforte, sfociando troppo spesso nell’assillo fastidioso. Ed il suo frignare si ripresenta in ricordi di estati trascorse.
“Fra galli dello stesso pollaio non si usava spennarsi”, ella racconta entro vicende varie che colorano questa sua passeggiata tra memoria e attualità, tra spunti di ricami e intrecci personali, declinando di tanto in tanto pensieri filosofici che attanagliano facilmente.
“Eppure, rughe e odori sono personali, la mente è impersonale. Non ha estensione, non ha identità, non lega se non con se stessa e produce quelle che i greci hanno chiamato idee e che noi moderni potremmo tradurre con astrazioni. Non siamo migliori degli altri esseri” reclama in un adagio che sorprende il lettore. Mentre l’azione di sviluppa in pagine dedicate agli eventi più vari.
In effetti potremmo dire che i vari capitoli sono dei veri e propri racconti che si intersecano in un contiuum capace di rivelare richiami, che con le figure disegnate compongono una strategia di riferimenti con la realtà vissuta e da vivere, e dove la voce interrompe le lunghe sedute silenziose delle sospensioni. I personaggi sono delineati.
“Il padrone di casa: indegno esemplare della razza umana, era il padrone dell’abitazione in cui alloggiavamo, di quelle di fronte, della bottega del calzolaio e del barbiere, del negozio del fornaio e del salumiere, di ville, coltivazioni, poderi; non aveva acquistato il mare perché non era in vendita. Dietro la sua porta ogni ventisette del mese si accodava gente per saldare conti e regolare prestiti. Il suo giro d’affari comprendeva, oltre ai fitti di locali e attrezzature, garanzie su assegni e cambiali, crediti a tassi smodati, emissioni di polizze pseudo assicurative. Non aveva pietà per niente e per nessuno e spalleggiato da un paio di sgherri, sedeva quadrato e tranquillo dietro la sua scrivania, pancia a bomba e giro vita sul punto di detonare. Non c’era pianto di donna.”
Così dalla negatività vengono fuori altre sagome.
“Tra le allegre ziette due arcigne zitelle, non solo brutte e antipatiche, ma anche pelose e zoppe. Il duo compariva sottobraccio e sottobraccio se ne andava e quando la zia Pina accorciava la zampa villosa, la zia Adelaide la allungava. Avevano sempre vissuto insieme e dicevano di avere molto da fare, mentre l’unica cosa di cui si occupavano era impicciarsi di noi per sputare sentenze e così sentirsi in pace con la coscienza, che coltivavano”.
E più oltre un profilo.
“Si chiamava Sciarbé, era un omaccio rattrappito, nero e dai lineamenti urtanti e disposti a picco, paragonabili a quelli del rastrello che utilizzava per raccogliere fogliame e aghi di pino. Aveva la mania di costruire pire di ramoscelli e di frasche sistemando il tutto a piramide, tanto che in duplice omaggio alla sua carnagione scura e alle sue edificazioni, l’avevo battezzato l’egiziano. Il comune l’aveva relegato a zappare lì perché aveva il vizio della bottiglia e già alle sei di mattina la punta del suo naso, vermiglia e rubizza, pareva una mela rossa male abbarbicata su un condotto di scarico”.
Occhiate e sentenze oscuravano il sole tra le numerose vicissitudini che la scrittrice propone, come un album da sfogliare con attenzione e molto spesso con man sospesa perché sconosciuto “l’inaccessibile codice della materia sacro dominio del silenzio”. Molte le frasi che accalappiano il pensiero poetante e sino alla conclusione ci vengono offerti dei piccoli spunti di riflessione: “la cultura non arride agli empi né agli stolti. E perché l’erranza, di cui fosti sommo cultore con o senza cavallo, è di per se stessa approssimazione!”
Scrittura scorrevole, con attenta scelta del vocabolo, e con generose proposte di indagini psicologiche, quando a tratti viene a galla il metro che contraddistingue il sub conscio. Un susseguirsi di brani lampeggianti dove ogni episodio serve a mettere a fuoco le variabili connessioni con il mondo che circonda. Ogni espressione serve a spingere il lettore verso l’impersonale, mentre il tessuto narrativo apre visioni della realtà avvincente.
Il tragitto si chiude a fine con la sorpresa quasi ovattata che la patologia, della quale si accenna in apertura, sembra vinta e l’equilibrio psicofisico riabilitato.
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ANTONIO SPAGNUOLO

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