SEGNALAZIONE VOLUMI = ANTONIO SPAGNUOLO
*******************
Antonio Spagnuolo: “Più volte sciolto” la Valle del Tempo, Napoli, 2024 – pag.64 - € 12,00
È un piacere e un impegno, poter parlare di un altro libro di Antonio Spagnuolo: egli è per noi uno dei poeti comunque più rappresentativi della poesia, per via degli evidenti risultati che da molto tempo gli vengono riconosciuti, conseguenza d’un investimento sulla poesia superiore ad ogni diversa attrazione della vita, come promessa di durata, fatto senza riserve, a prescindere, a latere della prestigiosa attività professionale. Lo attesta anche la ristampa anastatica, edita in quest’anno 2025, di "Ore del tempo perduto" del 1953, con la lettera (datata in quell’anno) di Umberto Saba a riconoscere la lunghissima fede poetica di Spagnuolo.
Poesia è qui promessa di durata. Perché sembra evidente che scommettere sulla poesia sia spesso tale: avvertire che la poesia è anche una promessa (a p. 9, con “intenzioni”) di continuare oltre il proprio tempo, promessa che può essere mantenuta a certe condizioni, e dunque scommettere sul realizzarsi di questa promessa, che la poesia è; ma “durata” è anche il resistere, nel tempo della memoria, di attimi – il durare d’ogni momento o fase dell’esistenza: in questo secondo senso, lo si trova a p. 16. Ora è evidente che la durata ha a che fare con il concetto di tempo: e quante volte i poeti hanno scritto di questo sottile e sfuggente elemento nel quale siamo e non siamo? Da Borges a Leopardi a Handke (e in ognuno, come in tutti gli altri che non menziono, l’immagine sembra rendere un senso alquanto diverso). Come evidente risulta, fin dal titolo, che del tempo e della vita canta il poeta: il “più volte” allude infatti a quella nostra forma di visione del tempo, che consiste nella ripetizione, e che in ogni lingua che io conosca trova il suo corrispettivo.
Ma "sogno" è vita, durata, tempo: anche questo, che viene da un’antica saggezza. Troviamo in chiusura di libro questa parola, Sogno (p. 57) come titolo dell’ultima poesia. Il tempo, dicono, è il nostro nemico più crudele. Questo carattere ostile del tempo è presente sempre, nel libro di Spagnuolo. Innumerevoli volte e fin dall’inizio: nel componimento si trova alla prima parola, accompagnato poi dalla nostalgia, dal simbolo della meridiana, da passaggi quasi leopardiani (“oltre i monotoni affanni/rivolti a rimembrar le scosse…” e infine, in modo alquanto realistico, “Improvvisa giunge la vecchiaia” (p. 15), “… quando il fuoco/di una lunga agonia ha sfigurato/l’incerto sembiante” (p. 7), “ora che il nulla morde la mia carne” (24); “Il mio soggiorno sta per terminare” (p. 51).
Integrerei che il tempo è questo ma, insieme, è il nostro amico fidato, la condizione per/in cui esistiamo oppure, se si preferisce, perché possiamo sognare. Intanto, per via della “sfida delle attese” che interpreto come speranze e aspettative, per quanto il “cielo” venga detto “vuoto di speranze” (p. 8, due volte) e dunque tale momento venga definito “inutile” (sempre a p. 7): perché inutile? Perché avvertito come tale, se il poeta non vuol nutrire né trasmetterci illusioni oltre quel che è consentito: infatti la speranza “protegge/la mia stessa paura” (p. 8), e questo è atteggiamento di sincerità dovuto nell’autentico fare poesia. È l’avvertire che “le tue sembianze scolpiscono/una tregua ad esistenza avverse”, ed è adesso: “è subito un passo che fiorisce” (p. 19); “rapida si accresce meraviglia” che fa poesia, per quanto sia “immagin(e) di un percorso inutile” (p. 20).
Per il dolceamaro momento dei ricordi che si estraggono, a volte da sé, dal repertorio: “l’abbraccio delicato/che mi cullava improvviso…” quando “filtrava ancora amore”, laddove “dalla fiaba” si deve adesso parlare di “rottami e crepacci” (10); il libro ne è pieno, di questo atteggiamento in cui “Prigioniero dell’orizzonte tento di acchiappare/un nuovo giorno... ridestando il tuo grido di gioia” (p. 11).
“Inafferrabile” viene avverita la religione (in almeno tre componimenti), le cui sublimi figure vengono aspramente contraddette da “guerre fratricide/e nella falsità delle parole” (p. 12; ma v. anche p. 15 sulla difficoltà di credere).
Lo sfondo è “Il mistero”, ben presente nel suo punto interrogativo a cui non possiamo rispondere, nel “vuoto … scorre l’esistenza,/che alla fine si compie troppo in fretta” (p. 18); è l’enigma (p. 46).
Il senso di vanità che avanza: “Qualcuno ancora si affatica in vicende/senza ragione…” (p. 25), con eco di alcuni passi dell’Ecclesiaste. Perché anche questo è poesia, quando parola d’altri, senza volere, ci trova, e ci facciamo voce di tutto il tempo.
Il verso libero (ma a volte anche in metro) si presta bene all’espressione controllata, elaborata, di uno stato d’animo vero.
La dimensione del ricordo sembra pure prevalere nella seconda parte, da p. 31; ma il ricordo, per definizione, è qui, sempre nell’ora (v. “adesso”, p. 47), come attesta l’uso del tempo presente accanto ai tempi del passato. Il titolo dice, in più, “sciolto”. S’intende sciolto da qualcosa e forse per qualcosa. Di che potrebbe trattarsi? Il momento tragico fa parte dell’esistenza insieme al comico. È forse questo? Se fosse, verrebbe ben espresso qui dove su sfondo lirico viene spesso in primo piano, sempre disciplinato in verso, il momento dell’epos. Ma così si spiegherebbe un titolo, non un libro di poesia, che non si spiega, credo.
Fra la grande luce e l’ombra profonda
l’arte è soltanto una frazione
della nostra memoria
per estrarre un coltello dal petto (p. 26).
L’arte, nel caso la poesia, è allora “essere sciolto”, il provvisorio trovarsi “solutus” dagli affanni connessi all’esserci:
… l’immagine è leggerezza
Che non premette misure nel mistero… (p. 27).
Il canto stesso, come nel passaggio, talora – è scritto – si “scioglie” e così il verso in misura:
Come il falco anch’io vorrei le ali!
… Sospeso al crinale dei giorni
come corde di un arco nel potere
di un sogno sfuggito alle gardenie,
nel vorticare di abbracci (p. 37).
Questo libro può, come il titolo stesso, voler dire molte cose e mi trasmette, come un avvertimento, il senso paradossale, aspro e dolce, di un’esistenza: la vita di ognuno resa nel modo unico di un poeta.
*
Carlo Di Legge



0 Commenti:
Posta un commento
Iscriviti a Commenti sul post [Atom]
<< Home page