(I)
Quando su nuovi fogli quel che leggi
scriver saprai con espressioni chiare,
non ci saranno più le carte bianche:
diventeranno parzialmente scure
perché in nero ti esprimi sulle pagine
dove affidi all’intonso quel che scrivi.
L’explicitatio bruna con cui scrivi
trasmuterà in candore quando leggi
alba pratalia, svomerate pagine
dove per contumacia saran chiare
quelle grafïe, non ancora scure,
e virtüali su facciate bianche.
Ora un prodigio avvien, dappoi che bianche
se son rimaste (dunque tu non scrivi),
l’assenza taglierà, come una scure,
seguendo d’esclusion le ferree léggi,
tutte le cose che non sono chiare:
c’è il cosmo, nelle immacolate pagine.
Io m’affatico, adesso, in esse pagine
e faccio in modo che non sian più bianche;
ma non è detto che siano più chiare,
non è compreso il tutto in ciò che scrivi:
il bianco è somma dei colori: leggi,
se tracci segni, solo linee scure.
Lo scuro di finestra rende scure,
di finestra sul mondo, quelle pagine
che nelle stanze del tuo interno leggi.
I listelli del sole, quasi bianche
propaggini, illustran quel che scrivi,
nella penombra fan lettere chiare.
Il nero (assenza di colori) chiare
sembra far le parole scritte, scure.
Eppure è ben carente ciò che scrivi:
chiare significanze le tue pagine
dan meno se son scure che non bianche:
pagine d’anima, seguon lor léggi.
Le parole non son chiare né scure,
sono grigie le pagine in cui scrivi.
Risultan bianche, se le léggi lèggi.
(II)
È già reminiscenza l’intarsiato barlume
che inchioda il cuore alla panchina.
Lucciola moribonda,
batte la carne non il marciapiede.
Orizzontali, le anime asfaltate
si congestionano di orrori e di bellezze:
sangue grosso il bitume.
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(III)
Ti risolvono nenie in latrati.
Cosa vuoi stare a nasicchiare
con guizzi di compressi semitoni,
quando l’imperio e l’impeto d’abbaio
t’illìdono la canea sulla battigia,
quasi abbrivo invertito?
Nella baia ti abbaia il cane refluo,
di schiuma, di margini violati in ombre grigie,
il pescecane, dico: checcanzuna,
ma che bel marechiare,
spiaggista canterino! Te e il tuo falsetto
sbranati, lì, così, come due zingari.
*
MAURO ROVERSI MONACO
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