Edith Dzieduszycka – Poesie del tempo che fu-- La Vita Felice – Milano – 2019 – pag. 167 - € 18,00
Di origine francese, Edith de Hody Dzieduszycka nasce a Strasburgo, dove compie studi classici. Attratta sin da giovane dal mondo dell’arte, i suoi primi disegni, collage e poesie risalgono all’adolescenza passata in Francia. Ha partecipato a numerose mostre personali e collettive, nazionali ed internazionali e si è dedicata alla scrittura. Ha pubblicato numerosi libri di poesia, fotografia, una raccolta di racconti e un romanzo.
Poesie del tempo che fu, il libro di poesia di Edith Dzieduszycka che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta delle composizioni inizialmente scritte in francese e poi tradotte in italiano dalla stessa autrice.
Nel testo si ritrovano le due versioni il cui confronto rende intrigante la lettura della raccolta per le ragioni che rendono interessanti le traduzioni stesse nel campo poetico, traduzioni che dovrebbero far perdere alle composizioni parte del loro fascino iniziale e si parla anche di metafisica della traduzione stessa.
Ma è vero anche che nella lotta con l’angelo tra autore e traduttore, quest’ultimo può strappare una piuma all’angelo stesso, come diceva con una metafora ben riuscita Maria Luisa Spaziani.
Il testo è composito e articolato architettonicamente ed è corredato da un’acuta ed esauriente prefazione di Donato Di Stasi.
Il libro è scandito nelle seguenti sezioni: Ascolta (sonetti), Ossessione, Niente, Bestiario, A Verlaine.
Nei componimenti si riscontra spesso il dono del turbamento dell’io – poetante che emerge sensualmente immerso nel mistero.
Nella poetica della poeta si riscontra una forte carica ontologica e l’andamento dei versi è ritmato ed è palese la ricerca di un etimo della vita stessa.
C’è un’intrinseca musicalità nei sintagmi che sgorgano componendo immagini che scaturiscono l’una dall’altra.
In Follia si riscontra il tema del male e del fare a sé stessi il male, elemento che emerge in molti altri componimenti e serpeggia per tutta la raccolta.
C’è chiarezza nei dettati e per il lettore una costante sensazione di scavo in sé stesso da parte dell’io – poetante.
Si determina una discesa nei meandri dell’inconscio e sono dette situazioni estreme sottese ad un evidente onirismo purgatoriale, nella prevalenza dell’elemento lunare su quello solare.
La poetica di Edith è intellettualistica e tema fondamentale sembra essere quello erotico-amoroso nel suo tendere alla riattualizzazione di tempi felici del passato che non viene rivissuto nostalgicamente.
Forte il senso della corporeità e dell’eros intenso a volte quasi fino alla violenza e i versi sono scattanti e veloci, vagamente neo lirici.
È presente spesso un tu al quale l’io-poetante si rivolge che potrebbe essere presumibilmente l’amato.
Spesso le modulazioni nei versi sono cantilenanti e producono effetti incantatori.
Dal titolo della raccolta si potrebbe evincere il senso di una ricerca di una provenienza temporale, quella di un diario virtuale che indaga il senso che solo la parola poetica può ritrovare.
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Raffaele Piazza
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