mercoledì 23 settembre 2015

SEGNALAZIONE VOLUMI = DONATO DI STASI

Donato Di Stasi – Le due scarpe sinistre dei poeti - Saggi (1996 – 2014)
Fermenti Editrice – Roma – 2015 – pagg. 181 - € 18,00
(Osservazioni sugli scritti riguardanti i poeti inclusi nel volume)


“Le due scarpe sinistre dei poeti” è un testo costituito da diciotto monografie di varie dimensioni su poeti e poetesse, tutti italiani tranne Arthur Rimbaud, che hanno avuto un’importanza rilevante nel panorama letterario tra Ottocento e Novecento.
Il volume è stato pubblicato con il contributo della Fondazione Marino Piazzolla di Roma diretta da Velio Carratoni.

In “Rileggere Satura, ovvero come spaccare in due i capelli di Montale”, il saggista delinea il presupposto metodologico da assumere per pervenire ad un’esauriente ed efficace comprensione della stessa “Satura”.
Tale premessa consiste nel fatto che nel Novecento si costruisce un orizzonte puramente tecnico, mentre ci si adopera, in ogni modo, per demolire l’inservibile e inutile retaggio umanistico.
Anche Di Stasi, come gran parte degli autori, vede una netta linea di demarcazione nel ciclo poetologico di Montale, nato a Genova nel 1986 e morto a Milano nel 1981.
Infatti individua una prima fase costituita da “Ossi di seppia, Occasioni e Bufera” e un periodo successivo nel quale il poeta scrisse “Satura, Xenia, Diario del ’71 e del ’72, Quaderno di quattro anni e Altri Versi”.
Il primo periodo vede la difesa, con piglio solenne e sacerdotale, dell’accumulo storico della letteratura occidentale.
Il secondo, invece, l’impegno a leccare le ferite relative alla morte dell’arte per poi sogghignare e menare fendenti.
Verificatasi la suddetta fine della poesia, teorizzata da Paul Celan, dopo l’olocausto e la seconda guerra mondiale, la struttura della realtà cambia radicalmente.
In un mutato quadro politico e sociale, in una fase nuova di ricostruzione, pace e democrazia, in Italia, come in altri paesi, si trasforma quasi del tutto, a livello ontologico, l’approccio alla vita, che migliora la sua qualità.
Questo avviene proprio grazie alla magica e rinnovata parola libertà, che si coniuga ad un certo benessere economico per i cittadini, anche se nasce, contemporaneamente, il fantasma del consumismo.
Eugenio Montale coglie in pieno la portata epocale di questi avvenimenti ed è costretto ad uscire dall’ermetismo per immergersi nella rappresentazione di un mondo secondo la sua soggettività.
Nel 1956 pubblica “La bufera e altro”, ancora influenzata, in qualche misura, dal clima ermetico.
Invece nel 1971 fa propri i fermenti che il nuovo scenario stava vivendo ed esce con Satura, specchio del rinnovato orizzonte.
Proprio con tale pubblicazione, a ridosso dei settantacinque anni, il poeta genovese cambia la direzione del suo poiein.
Nel riflettersi in un contesto, che, se non è proprio a misura d’uomo, almeno risulta più vivibile, l’autore si esprime attraverso la prosapoesia e il diarismo fulmineo e tagliente.
Come scrive il saggista, Montale giunge a teorizzare il limite della poesia come organizzazione esclusivamente concettuale.
Nel compiere questo assume una posizione radicalmente empiristica, nell’assoluta convinzione della vanità di tutto (causa, sostanza, spazio, io, affetti).
E’ del vincitore del Premio Nobel per la Letteratura nel 1975, l’affermazione con la quale dichiarò che i primi tre libri di poesia li ha scritti in frac, mentre gli altri in abiti da casa dimessi.
Sicuramente Montale con Satura si può considerare un anticipatore, un precursore, di molta della poesia dei nostri giorni.
Tale concezione dell’arte vede il poeta in generale, interessato più al solipsismo, a rimanere autocentrato, che ad essere eterocentrato nella ricerca della comprensione critica del mondo, uscendo dalla sfera del privato.
La poetica di “Satura” è intrisa di un sobrio nichilismo e, a livello stilistico, i versi sono connotati da una fortissima precisione.
Ogni singolo sintagma ritrova il suo posto giusto sulla pagina e suona attento nella nebbia della vita, risultando memorabile anche per il lettore più sprovveduto.
Elemento fondante di “Satura”, del tutto contrario allo stile del primo Montale, è quello della sua collocazione, a livello temporale, in un limbo.
In tale spazio virtuale si può vivere senza esistere, si può amare senza provare alcun sentimento, si può parlare di verità avendo in mente solo la persuasione.
Con il correlativo oggettivo ogni immagine delle poesie rimanda ad altri significati, ad un piano altro, per giungere al varco che conduce alla salvezza.
Nelle composizioni di “Satura” si ritrova uno spleen compositivo del quale il poeta ha un’esatta e piena coscienza.
Una visione del mondo disincantata di un artista che nominava nei suoi versi l’oltrecielo, senza avere ideali trascendenti, e che ha lasciato come testamento spirituale due libri intitolati “Diari postumi”, usciti dopo la sua scomparsa, curati da Annalisa Cima.
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Raffaele Piazza

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