"La barca"
Sono una barca che s’inarca al mare,
sono un fuscello in balìa del vento
che cerca un porto dove rifugiare
le mie malinconie. A volte ho visto
una pallida luce di conforto
a indirizzare la prua. I remi stenti
hanno solcato mari indifferenti
verso il chiarore delle mie speranze.
Invano. Tutto spariva all’approccio.
E l’infinito gorgo riappariva
alle mie carni deboli e insicure.
Ho navigato incerto in queste acque
sbattuto spesso da onde pellegrine
in scogli aspri e crudi; in rocce scure.
Sono una barca che s’inarca al mare,
una barca disfatta che non tiene
i suoi legni compatti. La mia anima
azzarda fughe verso mondi nuovi
che non mi sono vicini. E vola,
seguendo gli indirizzi degli aironi
che battono le ali, per pentirsi
e ritornare presto ai cari legni
che hanno tenuto in seno i miei respiri;
gli amari pasti di un’intera vita.
Aspetto un porto. Un faro che m’illumini;
una scia che segni la mia rotta;
una guida che franga questo azzurro
nero. Mi dia qualche certezza e poi
restare quieto fuori dalle acque
di tale mare che non ha confini.
*
Nazario Pardini - 20/03/2016
Ringrazio l'amico e poeta Antonio Sppaguolo per avermi offerto ospitalità nel suo prestigioso e molto seguito blog.
RispondiEliminaNazario Pardini
CORREGGO: Spagnuolo
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