martedì 28 febbraio 2017

SEGNALAZIONE VOLUMI = KETTY MARTINO

Ketty Martino : "Del distacco e altre impermanenze", ed. La vita felice, 2014. (Nota di lettura di Franca Alaimo)

Se, innanzitutto, la poesia è una questione di linguaggio, bisogna subito riconoscere a Ketti Martino la capacità di avere saputo risolvere un evento luttuoso in un’indomabile ricerca linguistica, che non mostra mai alcun cedimento alla materia sentimentale di cui pure si sazia fino al più minuto frammento memoriale.
E capita spesso che, mentre l’autrice sia intenta a combinare la massima astrazione del suono e delle figure retoriche con la più concreta scenografia della realtà quotidiana ‒ sia essa quella della città e dei suoi vicoli, o quella più scarna e usuale nel chiuso della propria casa ‒ entro la quale rappresentare il suo lutto, i due piani sconfinino l’uno nell’altro, lasciando nell’orecchio del lettore uno sfrigolio enigmatico, che incanta, ma nel quale si avvertono le lacerazioni dell’impatto.
A quest’ultime, appunto, l’autrice affida il compito di veicolare il dolore della perdita e la dimensione perdurante dell’assenza, quasi mai rappresentati nella loro nudità confessionale.
Fra l’altro, le memorie del passato non vengono inchiodate in una loro infertile immobilità, ma piuttosto chiamate ad una partecipazione al continuo movimento del pensiero che le rielabora, e alla fluidità delle percezioni, così che il gesto scrittorio appare un metodo attraverso il quale ri-conoscerle in sé, o, se si preferisce, una sorta di atto creativo incessante anche del passato (cosa nient’affatto incredibile).
Attraverso le immagini della memoria che s’infiltrano in quelle del presente, la Martino insegue, infatti, lo scopo di non fare mai morire né l’amore né la morte e di indagare la dimensione dell’oltre con la consapevolezza che i trapassati, quelli che più non impariamo con i nostri sensi, in realtà stanno accosto ai vivi e. che il loro modo di comunicare è solo “un parlare piano”. Infatti, lei che scrive “dall’altra parte del recinto” ammettendo: “ho braccia troppo corte per toccarti”, nei versi successivi (leggibili a pag.48), azzera il concetto dell’impermanenza difendendo il suo diritto di non dimenticare, di cercare il suo amato ancora in questa vita, di proiettarlo dal suo stato interiore a quello esterno.
In altre parole, Ketti Martino in questa silloge (Del distacco ed altre impermanenze) giunge al cuore del suo messaggio, che riguarda l’essenza ed il compito della Poesia: digerire il dolore e puntarlo verso l’assolutezza abbagliante ed eternizzante dei suoni.
Viene, a questo punto, naturale guardare una seconda volta il disegno che Ada Natale ha concepito per illustrare la copertina della silloge: un albero che si sradica dal suolo e vola verso il cielo, lasciando intravvedere, attraverso un ampio squarcio sul tronco, cieli e nuvole: così l’impermanenza si fa visione di grazia, leggerezza e promessa di rinnovate ed eterne fioriture.

FRANCA ALAIMO

2 Commenti:

Alle 28 febbraio 2017 alle ore 04:59 , Blogger Monia Gaita ha detto...

Una riflessione plurivoca e fiorita questa di Franca Alaimo che intercetta il senso della perdita in Ketty Martino come primiero catalizzatore percettivo e strutturale.
 Uno schema che riflette il proprio magma interiore.Una lingua vera che si fa poesia, capace di coinvolgere e assorbire. Una lingua che non  bara, che non metamorfosa il dolore, ma lo consegna nudo assimilandone le  crepe, facendole contigue al respirare...


 
Alle 28 febbraio 2017 alle ore 14:54 , Blogger Ketti Martino ha detto...

Grazie per l'attenzione, Monia. Parole, anche le tue, dense di poesia.

 

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