Silvia Comoglio – “scacciamosche” (nugae) - puntoacapo Editrice – Pasturana (Al) – 2017 – pag. 61 - € 10,00
Silvia Comoglio (1969) ha pubblicato diversi libri di poesia e ha vinto il Premio Lorenzo Montano – XXXIX Edizione – Sezione raccolta inedita; suoi testi sono apparsi su vari blog, numerosi siti e su riviste. E’ presente in alcuni saggi e antologie.
“Scacciamosche (nugae), presenta una prefazione di Marco Ercolani e un profilo critico di Marco Furia.
Come scrive Ercolani in “Per un libro di voci” si denominano nugae le composizioni minori di autore, quelle che lui ritiene tali.
Per esempio Francesco Petrarca denominava “nugae nugaelle” le poesie in volgare del suo “Canzoniere”, per differenziarle da quelle che per lui erano più importanti scritte soprattutto in latino.
Tuttavia, nel caso della Comoglio, le sue “scacciamosche” non sono affatto da considerarsi inferiori. Infatti questo libro apre al lettore traiettorie inattese, per nulla minori.
Pregnanti nella raccolta, come afferma lo stesso Ercolani, il verso “tu dissognami perduto”: una simile dichiarazione di poetica, un dissognare, turba il lettore: tornare alla condizione del non – sognare appare una forma di smarrimento.
La forma del libro si può considerare del tutto antilirica e anti elegiaca e vagamente appartenente alla linea neo orfica, per l’aura arcana e misteriosa delle atmosfere evocate.
Il tema fondamentale è quello della ciclicità del dualismo sogno – veglia, connesso a quello dell’amore che trova pienezza in sogni duali e simultanei e sogni da raccontarsi.
Spesso le descrizioni sono ambientate nel buio della notte con i suoi misteri e le immagini sono venate da una vaga bellezza che affiora dall’inconscio attraverso un movimento verso il preconscio.
La partita si gioca nell’attimo heideggeriano tra sonno, sonno e veglia e, potremmo aggiungere, dormiveglia.
E’ frequente e iterativa la presenza di un tu al quale l’io – poetante si rivolge e del quale vengono detti vari riferimenti che lo delineano.
Tale presenza è presumibilmente quella dell’amato che sembra in sintonia con la poetessa nel ricambiare il suo sentimento.
L’amato s’incontra anche in sogno in un interessante descrizione di stati di coscienza che presuppongono una buona conoscenza della psicoanalisi freudiana.
Il linguaggio di Silvia è nel tempo e sembra fuori dallo spazio pur essendo illuminato da una magica luce.
Da notare che le composizioni scabre ed essenziali della poeta, che sono brevi e concentratissime e che hanno una connotazione epigrammatica, sono tutte senza titolo e questo ne accresce l’indeterminatezza.
Alcune di esse sono scritte in corsivo e altre in carattere standard elemento che crea sospensione nei tessuti linguistici.
Lo stile di tutte le poesie è criptico e ha una parvenza iniziatica nel suo generare fascino anche attraverso le strutture anarchiche che tendono al prelogico.
Ogni singolo frammento, pur essendo autonomo, anche perché la raccolta non è scandita, si può considerare la parte di un insieme più vasto e l’opera in toto può essere considerata per certi versi un poemetto.
Versi che sembrano sgorgare da sensazioni materiche notturne che divengono, attraverso la mente, immagini non irrelate tra loro.
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Raffaele Piazza
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