Loris Maria Marchetti – Le ire inferme-- Edizioni dell’Orso – Alessandria – 2018 – pag. 83 - € 15,00
Loris Maria Marchetti (Villafranca Sabaudia 1945) ha all’attivo una ventina di opere poetiche, spesso premiate, due volumi di racconti, un romanzo breve e alcune raccolte di elzeviri e prose varie. Ha curato l’edizione di opere di Pascoli (Marietti, 1976), di Nievo (Utet, 2006) e (con traduzione e commento) di una scelta del Musicae Compendium di Decartes (in Opere filosofiche, I, Utet, 1994). Collaboratore di “Lettere Italiane”, “Nuova Antologia”, “Sigma”, “Prometeo”, “L’altra Europa”, “Lunarionuovo”, “Margo”, “Schema”, “Astolfo”, “La clessidra”, “Issimo”, “Rassegna Musicale Curci”, “L’Umanità”, “Il nostro tempo”, ecc.
"Le ire inferme", la raccolta di poesie di Loris Maria Marchetti che prendiamo in considerazione in questa sede, trae il suo titolo da alcuni versi di Leopardi citati dall’autore, nei quali vengono dette, appunto, le ire inferme :…/Almen si dia/ questa misera guerra/ e questo vano campo all’ire inferme/ del mondo/.…
Dai versi suddetti si evince una vena pessimistica del poeta, nel suo rifarsi al recanatese nel condividere con lui il pensiero che le inutili e misere guerre si debbano consegnare alle ire del mondo.
Se ira significa odio causato da acceso risentimento, le ire inferme si possono intendere come forze del male se il mondo (soprattutto nella concezione cristiana giovannea) è cattivo.
L’ira stessa, per altri versi, potrebbe essere vista come la rabbia del poeta nello scrivere i suoi versi che tuttavia lo aiutano a ritrovare il bandolo per una vita più umana, un abitare poeticamente la terra.
Si passa così da una fase inconscia nella mente dell’artista disordinata e dilaniata dal male di vivere di montaliana memoria, ad una fase creativa e produttiva sempre che il poeta, come nel caso di Marchetti, riesca a sublimare il dolore che diviene arte sempre a patto che non ci gema addosso.
E Loris Maria questo la sa bene e di raccolta in raccolta, toccando le più variegate tematiche, raggiunge esiti sempre alti con componimenti formalmente e stilisticamente eleganti, sottesi alla grande intelligenza.
Non manca drammaticità nella poetica, nel poiein del nostro nel suo interrogarsi sul vero senso della vita che sotto specie umana è sempre breve e travagliata.
Tuttavia l’arma della poesia stessa diviene catartica e dalle guerre suddette si può passare alla pace, magari non collettivamente o storicamente, ma per l’animo del poeta se anche lo stesso Leopardi trovava felicità nello scrivere composizioni poetiche sempre altissime perché consapevolmente rigeneranti per il suo spirito travagliato ed infelice.
La raccolta è densa e articolata architettonicamente nelle sue scansioni e chiarezza, nitore, luminosità, leggerezza e icasticità si ritrovano nei versi sempre ben cesellati e raffinati.
Il tema della memoria vista come un tarlo è presente nel libro ma la stessa memoria, se non è vana nostalgia, può divenire utile riattualizzazione e può aiutare il presente se il tempo si ferma nell’attimo heideggeriano.
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Raffaele Piazza
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