domenica 22 settembre 2019

SEGNALAZIONE VOLUMI = CRISTINA ANNINO

Cristina Annino – Magnificat (poesie 1969-2009)-- Puntoacapo Editrice – Pasturana (Al)- 2019 – pag. 205 - € 18,00

Cristina Annino è nata ad Arezzo e vive e lavora a Roma. La poeta ha iniziato a scrivere fin dalla più verde età, suscitando precocissimi consensi da parte di poeti e critici, come Corrado Govoni e Giuseppe Ungaretti. Cristina Annino ha frequentato numerosi centri di aggregazione tra poeti, come i caffè letterari Pavskoski e il caffè San Marco, sede dei giovani del gruppo ’70. In quegli anni è entrata in contatto con Franco Fortini, Giovanni Raboni, Elio Pagliarani e altri. Come scrive Stefano Guglielmin nella prefazione, in un contesto in cui veniva elaborata una teoria critica intorno ai codici verbali e visivi che fosse conflittuale con la società tardo capitalistica, sfruttando tuttavia le risorse semantiche e iconiche, la Annino ha sempre attinto al proprio talento naturale, nelle pieghe di un vissuto portato alla luce, con la vanga o la piuma, strappato alle viscere o inciso nella pelle, con occhio disincantato e la mano ferma, indifferente al dibattito letterario, alle pratiche della militanza e ai compromessi con il potere editoriale. Il testo dell’Annino, che prendiamo in considerazione in questa sede, comprende poesie dell’autrice tratte da molte delle sue numerose raccolte: Non me lo dire non posso crederci (1969), Ritratto di un amico paziente (1977), Il cane dei miracoli (1980), L’udito cronico (1984), Madrid (1987), Gemello carnivoro (2002), Casa d’Aquila (2008), e Magnificat (2009). Come scrive Luca Benassi nella sua Nota del curatore, la scelta delle poesie ha cercato di rendere ragione del determinato clima di scrittura di ogni singolo libro, fornendo contemporaneamente al lettore una visione il più possibile unitaria sul percorso poetico complessivo della poetessa toscana, tragitto che, è stato segnato da varie tappe e mutamenti stilistici, formali e contenutistici della poetica dell’autrice. La produzione di Cristina Annino parte da una scrittura caratterizzata da un andamento narrativo, con immagini che molto spesso si sviluppano da occasioni della vita quotidiana: queste caratteristiche sono particolarmente evidenti nella raccolta Non me lo dire, non posso crederci, costituita da componimenti senza titolo, tutti numerati, quasi costituissero un poemetto. Il primo componimento di questo libro inizia con i versi:-“Accendere/ prendere una sigaretta,/ non approfittate della voglia di parlare/ che ho oggi/,,,”: sembrerebbe di intravedere una vena minimalistica in questi versi iniziali, nel gesto di accendere una sigaretta; poi la poeta parla della sua vena di parlare, che potrebbe essere il suo stesso desiderio di scrivere versi, di comunicare, elemento sotteso alla pratica della poesia: il dettato qui è del tutto antilirico ed è presente una forte compattezza formale nei versi nitidi e nei periodi ben risolti. E’ ben diverso il componimento eponimo di questa raccolta, che ha un taglio politico, sociologico e psicoanalitico e che è caratterizzato da una dizione molto avvertita e dal ritmo incalzante:-“Non me lo dire non posso crederci/ nell’aprile del ’14 a Londra,/ il bombardamento più grave ha fatto liberi/ i giovani d’oggi anche nella sfera dei rapporti sessuali./ Siamo espulsi per atti d’indegnità e d’indisciplina,/ per i fatti economici insolvibili,/ per rendere popolari i poeti di solida ideologia…/; si tratta di versi lapidari e incisivi nei quali viene detto il peggio, la descrizione di un bombardamento e la poeta dice che quelli come lei sono stati espulsi per atti giudicati dalla dittatura indegni, mentre i poeti di solida ideologia, asserviti al regime, sono divenuti popolari. In Ritratto di un amico impaziente incontriamo la poesia Medeo, tutta giocata sull’analisi introspettiva in versi del personaggio Medeo, che, emerge dai versi dell’Annino come una figura tormentata da elementi non precisati:-“/Ecco. Medeo pensa alla maturazione/ sa che non è una cosa semplice né logica,/ si interessa persino di botanica/ Medeo ha un cane tutto defilato,/ si muovono insieme fino all’alba:/ ai giardini, sul terrazzo della casa/-” Medeo, quindi, sembra, nelle sue notti bianche, cercare qualcosa d’indefinito, forse il senso della vita, pur sapendo, probabilmente che non riuscirà mai a trovarlo:-“/ Ed è tremendo sentirlo parlare, somiglia/ a chi crede, a chi deve ancora/ bruciare qualcosa; si stacca da sé/ come l’ombra che gli assale la testa ogni sera/ e l’allunga per terra./-”: l’io poetante ci dà alcune coordinate su questa persona indefinita, affermando che è tremendo sentirlo parlare (in questo c’è tutto il dramma dell’impossibilità della comunicazione tramite la parola, elemento di perdita che riguarda anche la parola scritta e la poesia stessa). Potrebbe essere proprio Medeo quell’amico paziente che viene detto nel titolo. Si può affermare che in tutta la produzione di Cristina Annino domini la più completa libertà a livello stilistico e concettuale; la libertà nel poiein di questa poetessa può far pensare al miglior automatismo, che era alla base della poetica dei surrealisti. Tuttavia, mentre per i surrealisti esisteva una poetica dell’onirismo, in Cristina Annino c’è un esplicito riferimento al delirio, a una fantasia realistica:-“/Follia, mia/ madre folle e magra tra due// euforie da cui nacqui; mi fece/ stendere i piedi./ Finalmente tutto già/ scritto. Ho spalle/ di tritato aglio più ancora di/ salvezza che è dolore guardiano. Quando/ lei ride, chi vive più di me, che ho/ il biglietto di via per lo spazio?-/”. Follia mista ad una forte imprescindibile visionarietà, in questi versi, icastici, taglienti, affilati, tratti da Gemello carnivoro; inoltre qui viene affrontato il tema della madre come forza generatrice, tema che si ritrova anche in molte altre poesie dell’Annino. Il discorso sulla poesia di Cristina Annino è complesso e articolato e merita una spazio ampio di riflessioni su una poetica profonda, su una ricerca che spazia da un trentennio nel panorama della poesia italiana: si rimanda, quindi, il lettore, alla lettura del testo che abbiamo preso in considerazione in questa sede.
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Raffaele Piazza

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