VITALIANO ANGELINI, “IL FILO PERDUTO DI ARIANNA” - Edizioni Helicon, Arezzo -
2019 – pp. 92 – euro 10.
Vitaliano Angelini, classe 1942 (data che trascriviamo senza ambasce dato l’aspetto
giovanilmente dandy della sua figura), è artista notevolmente affermato nell’ambito
delle arti figurative – pittura, incisione - da numerosi decenni, ed è comunque da
sempre attivo, sin dagli anni delle sue prime esperienze, in quanto intellettuale.
Come dunque è capitato a tanti che da un ambito particolare e mirato hanno
ampliato il loro sguardo verso altri territori e linguaggi, l’arco dei suoi interessi si è
esteso alla letteratura e in un modo che l’ha direttamente coinvolto alla poesia.
D’altra parte la letteratura è stata il correlativo oggettivo di un processo formativo
realizzatosi in un istituto prestigioso, la Scuola del Libro di Urbino, ai tempi del suo
massimo fulgore quando tra gli insegnanti si annoveravano Leonardo Castellani,
Dante Panni, Renato Bruscaglia, Giorgio Bompadre, Carlo Ceci e le funzioni della
dirigenza erano rette da Francesco Carnevali, anche lui, come del resto Castellani,
impegnato come usa o usava dire “in utroque” cioè a dire in due campi, arti
plastiche e narrativa.
Ora, di Angelini, è appena uscito un libro di poesie, “Il filo perduto di Arianna” per le
Edizioni Helicon e con introduzione di Paolo Rocco, ma non è questa la prima volta
che il nostro si cimenta con l’impegno dei versi. Nei quali, da artista figurativo, viene
inevitabilmente a trasporsi un bagaglio di immagini e figurazioni che appartengono
al suo universo espressivo, ma dove vanno anche a rastremarsi segmenti e tratteggi
per qualche parte geometrizzanti e dunque ben percepibili in questa ottica, per altra
parte vagamente astratti o meglio astraenti da una realtà misurabile e riconoscibile.
Non però sciolti da una referenza al concreto che diviene nondimeno a un certo
punto estensivamente mentale. Ed è questo uno dei tratti di arrivo di un lavoro di
scrittura, o di puntualizzazioni verbali per accenni e suggestioni, che va ascritto al
positivo dell’esperienza di Angelini, secondo una poetica e una pratica che da
emozionale e fantastica diviene formale e in questo senso ben trascende una
tensione memoriale che fatalmente riposa al fondo dei versi dei quali è alla fine
l’inevadibile appoggiatura.
Rilevanti in questo processo sono i grappoli tematici che compaiono nei testi:
l’affacciarsi di questioni e concetti ora resi con sobrietà e appena appena accennati,
appena pennellati, ora al contrario volti in enunciazioni essenziali, sgrovigliati dalle
strettoie del richiamo all’esterno e dunque, sul piano espressivo, resi quasi icastici
dall’assenza dell’articolo, in una ancora ritornante sopravvenienza di conati di
poesia pura o ermetizzante, che però qui ne “Il filo perduto di Arianna” va a
compitarsi sotto l’egida di una tensione che coniuga il giudizio con la storia, il
naturale o l’immediato con qualcosa che aspiri a una rilevanza di pensiero, di
prospettiva culturale e morale.
Il bello o comunque il positivo di questi versi in ciò che appare la loro impalcatura
profonda è che essi cedano in più di un tratto a un disegno dentro cui la ricerca
formale si orienta verso una unità e semplicità del moto espressivo, con cadenze e
ritmi, dati dall’alternarsi di luci e ombre, tenuti sulla lunghezza delle strofe, delle
intere composizioni e a volte di lacerti di versi. Tanto quanto si ascolta nella lirica in
explicit, “Di luce si colora l’aria”, dove si espandono immagini colorate lievi e
malinconiose, o meglio esse vengono enunciate fondando il senso sull’intuizione,
sulla sensazione o anche a volte sulle contingenze della vita e della propria
esperienza.
Questo nei presentimenti del colore e degli aloni che la scrittura trasporta nel
proprio incedere. Ciò che è al tempo stesso stato d’animo ed esperienza fattiva,
cultura e vibrazione misteriosa, penombra e stato intermedio o d’attesa. Un “niente
senza parole” scrive il nostro, che è però già in sé qualcosa, e dove va a collocarsi
l’origine (“qualcosa come l’universo”) e trova anche origine la poesia di Angelini.
GUALTIERO DE SANTI
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