SEGNALAZIONE VOLUMI = MAURO DE MARIA
Mauro De Maria, Gli orecchini, Book Editore, 2019.-- Pagg. 96 - € 14,00
La raccolta di poesie dello scrittore parmigiano Mauro De Maria intitolata "Gli orecchini" (Book Editore) assomiglia a un signorile castello medioevale che abbina eleganza e possanza, capace allo stesso tempo di resistere agli urti e agli assalti dei nemici e di accogliere nelle stanze e nei saloni una corte raffinata e colta.
Come le precedenti raccolte, anche quest’ultima potrebbe essere paragonata a una fortezza che non va affrontata d’impeto, ma girandoci pazientemente attorno, chiedendo ripetutamente di entrare e di essere ammessi, finché una porta si apre e si viene accolti e ospitati: conquistati e contemporaneamente conquistatori. I versi, che fino a quel momento apparivano ostici ed ermetici, si rendono più amabili e tersi e si avvicinano a noi lettori. Ci chiedono di ascoltare il discorso amoroso (“ed invero ogni atto con te / era pregno d’amore”) che con stile impeccabile e linguaggio forbito, con “perizia d’orafo” e “culto verbale”, raccontano; ci invitano a partecipare allo spettacolo cortese che recitano e rappresentano davanti ai nostri sguardi .Se dovessi individuare un luogo dove ambientare questa storia, sceglierei la Camera d’Oro del quattrocentesco Castello di Torrechiara, sulle colline parmensi, le cui pitture celebrano l’amore fra il conte Pier Maria Rossi e l’amante-amata Bianca Pellegrini; sulle formelle delle pareti, un tempo rivestite d’oro, risalta il motto “nunc et semper”.
Certo, non dobbiamo avere la pretesa di comprendere tutto fino in fondo e presto, di essere coinvolti interamente: la distanza rappresenta una garanzia di decoro che nel libro non viene mai meno. Le quasi dieci pagine di note e chiarimenti comunque ci soccorrono e aiutano a comprendere meglio.
Nelle annotazioni esplicative e nei testi de Gli orecchini ricorre il nome del “Montale collocato fra Occasioni e Bufera. Tale paradigma originario viene dichiarato dall’autore fin dalla soglia d’ingresso del libro, un titolo che richiama una delle poesie più celebri e più allegoricamente impegnative di questo Montale di mezzo”, mette in risalto il critico e poeta Alberto Bertoni nella sua nota.
L’autore non ci riporta al passato prossimo bensì all’antico, ad atmosfere preziose e rare, a rituali, comportamenti e gesti desueti e tramontati, a riferimenti letterari che ritornano alle origini (per esempio al Dante della Commedia e della Vita Nova e al Petrarca del Canzoniere e dei Trionfi). Ballate, madrigali, canzoni, sonetti, forme e componimenti poetici vengono qua e là riproposti e rielaborati: scelte espressive e “giochi verbali”.
Il dramma e il dolore dell’assenza (“ed ora che la terra ti ha coperta / invidio gli altri mondi”) si mescolano al sentimento, alla passione e all’estasi del rapporto amoroso (“perché di te amo tutto / e tutto ho amato”; “perché al celeste suono del tuo cuore / il mio sempre ha danzato”), alla nostalgia del desiderio (“svegliarsi nell’attesa di vederti / e poterti parlare / o pranzare con te”), all’attesa di una rinnovata, salvifica apparizione (“perché tu possa ritornarmi accanto”; “che l’amore non muore”), ai miraggi della memoria (“immagine incorporea che riannoda / a ciò ch’è stato quello che ci fu tolto”), alle amarezze e alle delusioni (“e basta un niente a mutare in metallo / l’oro di una felicità promessa”), alle tracce indelebili e splendenti che l’amore lascia in eredità: “se nel filo di luce/ che fora l’orizzonte/ palpita l’oro dei tuoi orecchini”.
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Giancarlo Baroni
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