SEGNALAZIONE VOLUMI = SAURO DAMIANI
SAURO DAMIANI : “Percorsi” – Ed. La Torre – 2019 – pagg. 96 -€ 15,00
L’ingorgo della parola, per quelle fulminazioni caleidoscopiche che essa riesce a ricucire tra il pensiero e l’immaginazione, ecco che occupa la pagina del poeta, per tentennamenti del racconto ed improvvisazioni stilistiche qualche volta vertiginose. Un rincorrersi di figure tra verso e verso, tra frase e frase, tra cornici conflittuali e spazi metaforici, tra furori annullati dalla esperienza e sottofondi diametralmente opposti. Sauro Damiani riesce a intessere con l’abilità di un funambolo poesie che sono ad una ad una gioielli di rifinitura da orafo, perché ritorna ad un colloquio fantomatico con il lettore trasportando la dizione ad un disincanto che gioca tra l’ironico ed il cupo, tra il faceto ed il sostenuto, quasi scansione esatta tra l’universale e l’immediato.
Da un quadretto dall’ampio respiro: “Mi chiamava Demonio, non so perché,/ ma al suo spiritaccio gustava non poco/ ribattezzare gli amici. D’altronde/ studiava da tempo teologia e ambiva,/ benché ultracinquantenne, al sacerdozio./ Un prete scanzonato, non c’è che dire,/ anche se…Ma no è solo allegria/ e mi rimbeccava un altro amico. Tu…/ Si, io mi ostinavo a leggere in quell’estro/ scattante, in quel volto casto e scavato/ un fondo…non so. Nulla, lo vedi? Nulla…” che sembra una strana vivacità di corruzione nella coerenza delle prospettive, a rapidi interventi: “Un brivido mi è corso per le ossa. La mano,/ quella mano un tempo tenaglia,/ sembrava inesistente,/ senza forza, senza peso, fatta solo,/ -beffarda eterogenesi dei fini-/ di vanità come quella di un dottorino.” Che avvolgono il racconto poetico nell’irrinunciabile “parlato”.
Tra ombre e luce si dipana l’empito lirico che cerca di intrecciare il quotidiano come storia del vissuto alla folgorazione delle consistenze di un vivificante, latente e pur infocato, quando le poesie scorrono nella rappresentazione di una realtà che tenta di scoprire quali possono essere i rifacimenti del subconscio, imprigionato nella metafora. Il “verbo” per Sauro Damiani è l’incipit del “percorso” e al tempo stesso contraccolpo della memoria che si scioglie nell’intreccio del passato e del presente o nel suo specchiarsi dal cielo alla “polvere della terra”.
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ANTONIO SPAGNUOLO
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