sabato 23 novembre 2019

POESIA CONTEMPORANEA = GINO RAGO PER ANTONIO SPAGNUOLO

Gino Rago e la Poesia contemporanea

Antonio Spagnuolo


"Movenze"

La tregua delle vene nel segreto trafora ogni impronta
ed è rimasto ad inseguirmi solo un sogno
della tua forma coperta di elitropio:
un dondolio in frantumi
per fiaccare la schiena oltre i cancelli.
Il rombo dissonante del vento nella notte
trapassa le scritture fuori mito,
dove segnammo il difetto della fede,
l’incendio dell’insonnia,
l’abbaglio di un paradosso per il perpetuo gorgoglio
di una fonte.
Intima crisalide possiedi le movenze
negli occhi sostituendo ansiolitici.
Nei giorni che nascondono vecchiezza
declino il calendario per sottrarre pensieri.
Il turbinio di novembre ebbe un attimo breve
nella tua mascella , sfregiando la pelle,
mentre io sfogliavo l’ultima pagina bianca
che impediva alle ciglia l’accento di possibili carezze.
Il marmo ti rapisce rimpiangendo le ultime scelte
tra gli squarci di un lembo intorpidito
e gli incanti imprigionati alle mie sere.
*
Commento di Gino Rago

ANTONIO SPAGNUOLO non la nomina mai in questi versi dalla metrica della tradizione petrarchesca fondata sugli endecasillabi, ma lei, Elena, la compagna di una vita del poeta, vibra garbatamente in ogni verso di “Movenze”, a cominciare da quella “forma coperta di elitropio”.

Il girasole, dunque, come metafora del poeta che, continuando a elaborare il lutto, i tagli della perdita nel “turbinio” di un novembre senza scampo, adotta l’elitropio come capacità e necessità di essere sempre in un perimetro, forse breve, sì, ma preciso: il perimetro del piccolo-grande spazio dove il girasole offre il suo volto al sole e ne riceve luce.

Il poeta è egli stesso il girasole-elitropio in cerca della luce solare e il sole-fonte-inesauribile-di-luce è l’amata Elena. Nelle parole-chiave del componimento (tregua-sogno-forma-elitropio-ansiolitici-mascella-pelle-turbinio-rombo-notte-vento-novembre-marmo-ciglia) negli «incanti imprigionati» alle sere del poeta, Antonio Spagnuolo gioca la sua partita con la vita e con la morte su “quell’ultima-pagina-bianca”, pagina non scritta per Elena per il suo viaggio di commiato da questo mondo, ma che il poeta è chiamato a riempire di calligrammi, come i giapponesi del gruppo Gutaj, su fragili fogli di carta di riso dove vuoto e pieno hanno la stessa importanza, la stessa dignità estetica.

Il clima generale di Movenze, per affinità tematica, ricorda quello de Il giorno dei morti del Pascoli di “Myricae”, ma il battito dei versi, la loro stessa prosodia e il lessico riconducono il lettore al Montale di Satura, Xenia I, n. 4:«Avevamo studiato per l’aldilà/ un fischio, un segno di riconoscimento./ Mi provo a modularlo nella speranza/ che tutti siano già morti senza saperlo».
Così il "Canzoniere dell’assenza" di Antonio Spagnuolo continua senza interruzioni, come Roland Barthes nel suo diario di lutto a noi giunto come “ Dove lei non è”.

Sicché, anche Antonio Spagnuolo ripropone la durata di un evento, la morte dell’amata, e il perdurare del lutto per questa perdita, un lutto che dove lei [Elena] non è nel tempo può anche cambiare forma, ma senza mai cambiare la scorticante sostanza.
Soprattutto il poeta ripropone lo smacco, lo scandalo del linguaggio umano che non riesce a dire la morte, che non sa dire la morte.
E il suo Journal de deuil, il suo diario di lutto, quotidianamente si allunga di frammento in frammento in un dialogo muto con Elena, nella indicibilità della «presenza-della-sua-assenza».
*
Gino Rago

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