ANTONIO SPAGNUOLO : "Polveri nell'ombra" - Ed. Oedipus 2019 - pagg. 96 -- € 12,50
-POLVERI NELL’OMBRA, SILLOGE POETICA DI ANTONIO SPAGNUOLO, TRA I RICORDI D’AMORE DELLA DONNA AMATA SCOMPARSA E LE VIBRANTI VER- TIGINI DELLA SOLITUDINE E DEL NULLA.-
Il recente libro di poesie di Antonio Spagnuolo, dal titolo “Polveri nell’ombra”, pubblicato nel luglio del 2019 da Oèdipus Edizioni, presenta delle liriche inserite in tre sezioni dal titolo "Polveri nell’ombra", "Svestire le memorie" e "Nuovo registro".
Tutte le liriche della suddetta silloge poetica si originano da un parossistico dolore provato dal poeta per l’inaspettata scomparsa della cara consorte Elena, dopo una pluriennale esperienza d’amore, che lo sprofonda in una solitudine agghiacciante ed in uno stato di annichilimento profondo: “ L’arteria batte il tempo irrequieto / in questa solitudine perfettamente incisa / nel ricordo e nei segni, che permangono ancora” (Inquietudine, p. 7).
L’io del poeta è relegato in un esilio di sé e vorrebbe scrollarsi anche la maschera della malinconia e poter raggiungere uno stato di silenzio, in cui possa porre fine ad una atroce sofferenza: “Finalmente raggiungere i silenzi / in questo esilio di me in mezzo agli uomini. / Fanatica la maschera della malinconia, / nella strada che cade ed annebbia / ed esclude l’idea della nuda tua figura, / mi accarezza ogni sera.” (Finalmente, p. 11)
Ma anche i silenzi sono avvolti dalla solitudine e dal pressante ricordo di lei, la cui “presenza ha sconfinati orizzonti” (Ritmi, p. 29), nel tempo dominato da una penosa solitudine che copre i silenzi.. Anche i seducenti colori del letto e delle coltri “barcollano / nel tormento della solitudine” (Abbraccio, p. 64).
Nello stato di una profonda prostrazione, allora l’io del poeta registra molti ricordi della moglie, che, come veloci “schegge mute” e disordinate, “nella corrente acidula del tempo”, sconvolgono la sua mente nel vano tentativo di poterli riodinare. Di certo, il momento dei ricordi è un evento gradevole, quando è improntato alla gioia e alla felicità, perché “ha l’incanto del sogno, il profumo del baleno che rincorre, / che varca i mari del naufragio, / che inghiotte le illusioni, / e la memoria inciampa nel miraggio” (Vertigine, p. 45).
Come tanti flash guizzanti e continui, si susseguono le immagini di lei-farfalla “finita nelle tenebre / ove tace disperato ogni segno” (Curva infinita, p. 12) e nel momento dell’addio di Lamento (p. 17) l’elevato pathos del poeta registra tenerezze emotive coinvolgenti: “Hai sfiorato le dita nell’ultimo sorriso, /con labbra esangui, e con sussurro mite / hai lasciato il mio sguardo nel dubbio / per non averti fermata nell’addio”.
Ritorna lei come desiderio sensuale nel presente (“Cosa darei per riavere il tuo / corpo d’avorio cesellato, umido nella rugiada della tua / primavera”, p. 78) e come ricordo di un tempo felice nella lirica Ricordi (p. 31), ma lei, che aveva “iridati capelli al sole” ed un elevato profumo giovanile, mostra “lineamenti d’ombre” ed un abbandono, che è “gioco dell’eterno” (Armonie, p. 69). La raffinata sensibilità del poeta sottopone anche gli imprecisati ricordi della memoria ad una stringente commisurazione con il suo presente vivere in stanza “spoglia, invasa dal silenzio, / dopo che il mio cenno / richiama inutili speranze” (Speranze, p. 58).
Allora, se i ricordi possono essere una panacea al dolore, come è l’operazione catartica operata dal fare poetico, secondo il Petrarca: “perché cantando / il duol si disacerba” (XXIII, v. 4), nell’esaltare e riattualizzare l’amore e la vita, essi, in modo oppositivo, se commisurati al tempo presente, si rivelano come “coltelli”, che accrescono il dolore, come nella lirica “Condanna” (p. 15), nel ripetere “quei giorni di illusioni / tra le perle del mare ed il tuo piede / modellato nei petali”.
Ma anche il sognare si rivela un viatico amaro che conduce alla ricognizione del nulla, in cui il poeta si sente suo prigioniero: “io prigioniero del sogno più crudele / sbrano nel vuoto tremando di illusioni” (Cuscino, p. 61), perché ha paura del nulla, “come un gran buco colmo di un vago orrore” (p. 80).
Per il poeta, immerso in questa vertigine del ricordare e contrapposto al timore del nulla, la preghiera si pone come una “vana promessa di un frasario imprudente (La mia furia, p. 13)”, anche se egli afferma di credere ancora a qualsiasi incanto inatteso (“ed eccomi ancora a credere / palmo a palmo l’incanto inatteso”, La mia furia), anche se sa che un consumato attendere fa stupire di orrore, come quel “telo bianco / che ha coperto il tuo viso, / e ripete preghiere inascoltate” (Sillabando, p. 34).
“Polveri nell’ombra” si configura come una inesausta ricognizione che verifica il tempo della presenza con quello dell’assenza, rivelando una elegiaca e raffinata poesia tesa fra il dolore ricorrente del presente e il sogno di un approdo ad una quieta e composta chiarificazione e risoluzione delle interiori dicotomie dell’anima del poeta sullo sfondo della fugacità del tempo, della bellezza che svanisce e degli incessanti avvicinamenti al nulla.
Tra le vaghezze dei ricordi e il pianto, tra la paura e la rabbia, tra il dubbio e il senso del mistero, l’intimità dolente del poeta Spagnuolo, nei suoi ripiegamenti di visione e di sogno, approda a sinceri ed elevati accenti di una liricità elevata e suggestiva, per l’incessante stratificazione della densità raffinata del dire poetico e per la limpidezza del dettato prosodico e fono-musicale.
In fondo, Antonio Spagnuolo con questo importante e valido volume, da autentico poeta, ha saputo far collimare il suo sentimento lirico con la forma, la parola con l’immagine, nel confessare i travagli e i dubbi del suo cuore di fronte a quel duro ed inaccettabile destino che subisce ogni uomo, come ben dice il sommo Orazio: “Omnes una manet nox” (Odi, I, 28, 15).
Ma, al di là di qualsivoglia considerazione concernente la morte, questo nuovo “canzoniere dell’assenza”, per il ritmo dolce e flessuoso, seppure elegiaco, per la delicata effusione del senti- mento del poeta e per le sue amare risonanze d’angoscia, come una obiettiva ricognizione commi- surativa delle intime voci dell’anima del poeta, della sua pietas e amore della vita, riceverà un condiviso riscontro positivo dal cuore di ognuno, per l’elevata dolcezza di sospiri del canto poetico e l’apporto delle annotazioni riflessive, tra l’orrore del nulla e il canto della sublimità della vita,che sicuramente additerà e farà maturare l’eventuale conquista di una superiore consapevolezza della vita.
In realtà, la poesia di questa coinvolgente silloge scorre su un’elevata dicibilità espressiva di vibranti e sinceri accenti poetici, attivandosi da una ricognizione a carattere “verificale” che, fra amore e dolore e tra rimpianti e timori del nulla, persegue una possibile ed avvincente sublimazione della precarietà e fragilità del comune destino umano, in forza di un canto fremente di un intenso sentimento dell’amore, congiunto all’ebbrezza incessante di una totale esaltazione della bellezza della vita.
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Andrea BONANNO
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