Gino Rago (a cura di), Poesia Contemporanea Internazionale verso il Paradigma dello Specchio (un progetto editoriale di prossima pubblicazione)
Prefazione
In Lo specchio vuoto, (Laterza Editore, Bari, 2015), uno dei maestri della fotografia di tutti i tempi, Ferdinando Scianna, scrive:« Niente è più astratto e sfuggente della nostra identità e nello stesso tempo niente è più esposto al giudizio altrui, è più concreto e visibile. A cominciare dal volto, la prima immagine di noi stessi. Da quasi due secoli la fotografia è legata alla nostra stessa idea di identità. Tutti portiamo con noi un documento con il nostro volto e abbiamo fotografie delle persone che più amiamo. Il rapporto emozionale che stringiamo con queste immagini è talmente complesso da farci rifiutare, qualche volta, i nostri stessi ritratti. Non ci riconosciamo, anche se bastano pochi anni per trovare sorprendentemente migliorate fotografie che prima detestavamo. Perché la fotografia è come la memoria: cambia. Non resta immobile, ma si trasforma sulla base della storia di ciascuno e dell’idea che si ha di se stessi».
La stessa creazione sarebbe secondo Jakob Böhme (1575-1624) una sorta di gigantesco specchio, cioè un enorme occhio che è in grado di guardare se stesso[...]
*
Jorge Luis Borges
Gli specchi
Io, che sentii l’orrore degli specchi
non solo in faccia al vetro impenetrabile
dove finisce e inizia, inabitabile,
l’impossibile spazio dei riflessi
ma in faccia all’acqua specchiante che copia
l’altro azzurro nel suo profondo cielo
che a volte riga l’illusorio volo
d’uccello inverso o agita un tremore
e avanti alla distesa silenziosa
del sottile ebano la cui tersura
ripete come un sogno la bianchezza
d’un vago marmo o d’una vaga rosa,
oggi al termine di tanti e perplessi
anni d’errare sotto varia luna,
mi chiedo quale caso di fortuna
volle che io paventassi gli specchi.
Gli specchi di metallo, il mascherato
specchio di mogano che nella bruma
del suo rossastro crepuscolo sfuma
il volto che mirando è rimirato,
infiniti li vedo, elementari
esecutori d’un antico patto,
moltiplicare il mondo come l’atto
generativo, veglianti e fatali.
*
Annalisa Comes
Specchio
Che rimandi oggi?
Chi rimandi a me?
In piedi, in punta di piedi
guardo, controllo, domando.
Niente da indossare per i giorni
di festa.
Nessuno spettacolo.
A nessuno il sorriso.
A nessuna – il testimone dell’alba e
notte. Specchio, curva, immagine e
fantasma.
*
Zbigniew Herbert
Lo specchietto
Cosa riflette lo specchietto sul bordo del tavolo:
lo specchietto riflette il soffitto
il prato bianco dei desideri
e anche
l’angolo della stanza
lo sparviero rinsecchito
la biblioteca la farmacia
con le fiale per la tristezza
metà di una vecchia riproduzione
piena di rossi frastuoni
sotto un cielo molto sottile
cosa riflette lo specchietto
un pettine
e una ciocca di capelli
un pennino schiacciato
e una penna picchiettata
se lo specchietto fosse una stella
rifletterebbe il vigile sonno dei pianeti
rifletterebbe la faccia chiara del sole
l’irradiamento dello spazio
l’etere e l’argento
il conto di una saggezza distante
se lo specchietto fosse una stella
rifletterebbe
la splendida terra rotonda
con le chiome canute delle eclittiche
ma non c’è di che disperarsi
non c’è niente da rimpiangere.
*
Letizia Leone
Paradigma dello specchio
Chi è la più bella?
Chiedeva allo Specchio. Buco igneo
Nicchia di raffreddamento di tutte le brame.
E si vedeva al rovescio la matrigna:
fanciulla Nascosta nel futuro.
Ad ogni ora l’Eretica: Chi è la più bella? Chi c’è di là?
Dalla linea che orla questo corpo, il suo Reame.
Veramente, veramente bella…
Rispondeva l’oggetto per eccellenza
Che non è più specchio ma lucernaio, nera lucerna.
Qualcuno disse stella. Addirittura Via Lattea
Per speculum in aenigmate
Spazio liscio che insidia la strega.
Ogni visione aggiunge sogno al sogno
Una che grida nel sonno, ombra, illusione.
Brutta, rispose e si frantumò in mille pezzi e più.
Delle nostre voci riempimmo anche i sassi.
L’oratorio dei viventi. I rossi ardenti di velluti e rasi.
Il Decamerone, e non solo fole ma esseri concreti.
Ogni linea nega la via di fuga a questo corpo.
Mio specchio
Brame
Bocca sigillata.
*
Sylvia Plath
Specchio
Sono d’argento e rigoroso. Non ho preconcetti.
Quello che vedo lo ingoio all’istante
Così com’è, non velato da amore o da avversione.
Non sono crudele, sono solo veritiero –
L’occhio di un piccolo dio, quadrangolare.
Passo molte ore a meditare sulla parete di fronte.
È rosa e macchiettata. La guardo da tanto tempo
Che credo faccia parte del mio cuore. Ma c’è e non c’è.
Facce e buio ci separano ripetutamente.
Ora sono un lago. Una donna si china su di me
cercando nella mia distesa ciò che essa è veramente.
Poi si volge alle candele o alla luna, quelle bugiarde.
Vedo la sua schiena e la rifletto fedelmente.
Lei mi ricompensa con lacrime e un agitare di mani.
Sono importante per lei. Va e viene.
Ogni mattina è sua la faccia che prende il posto del buio.
In me ha annegato una ragazza e in me una vecchia
Sale verso di lei giorno dopo giorno come un pesce tremendo.”
*
Ezra Pound
Sul suo viso
Sul suo viso allo Specchio
“O strano viso nello specchio!
O compagnia ribalda, ospite
sacro, o folle
sconvolto dal dolore, che risposta?
O voi moltitudini che lottate,
giocate e svanite,
scherzate, sfidate, mentite!
Io? Io? Io?
E voi?”
*
Gino Rago
"Il Vuoto, lo specchio"
Cara Signora Jolanda W.
[…] Il mio amico di Roma**,
quello che si occupa del Signor Nulla,
litiga di nascosto con lo specchio.
Lo fa tutti i giorni,
non dategli molto credito,
che fa i conti con il Vuoto,
Il Vuoto che capta altro Vuoto.
Il tempo cade sotto forma di polvere,
opacizza l’immagine,
sbiadisce le fotografie,
scontorna il presente, il futuro e il passato,
il mio amico se la prende con il Signor K.
[…]
Una donna, la sgualdrina di Vivaldi,
fa un valzer con il primo che passa,
Mario Gabriele mangia una Sacher con panna,
lo vedo attraverso la vetrata
della Gebäck der Prinzessin Sissi.
Che volete, i miei amici,
quelli della nuova ontologia estetica,
hanno un debole per le pasticcerie.
Adesso lo vedo allo specchio
si rade la barba e fischietta.
Una risata da dietro i gerani.
**E’ Giorgio Linguaglossa
*
Antonio Spagnuolo
"La condanna"
Lentamente avvicini il sospetto
che la tua immagine possa rimanere prigioniera
di un riflesso inaspettato e contorto.
Dondola nello specchio, si colora,
e il passo diviene certezza per le luci
che giù in fondo ti illudono procaci.
Costretto dal nodo che attanaglia
gradatamente ti accosti alla figura
in sospeso, desolato
per l’incognita che cerca di serrare
anche illusioni.
E’ un gioco di luci, di apparenze, miraggi,
qualcosa che modella nel tenue incanto,
che piano piano si spegne
in un destino che non ricuce speranze.
*
Wislawa Szymborska
Lo specchio
Si, mi ricordo quella parete
nella nostra città rasa al suolo.
Si ergeva fin quasi al sesto piano.
Al quarto c’era uno specchio,
uno specchio assurdo
perché intatto, saldamente fissato.
Non rifletteva più nessuna faccia,
nessuna mano a riavviare chiome,
nessuna porta dirimpetto,
nulla cui possa darsi il nome
“luogo”.
Era come durante le vacanze-
vi si rispecchiava il cielo vivo,
nubi in corsa nell’aria impetuosa,
polvere di macerie lavata dalla pioggia
lucente, e uccelli in volo, le stelle, il sole all’alba.
E cosi come ogni oggetto fatto bene,
funzionava in modo inappuntabile,
con professionale assenza di stupore
*
Commento
Le nove voci poetiche oggi estratte dalla antologia di poesia contemporanea internazionale di prossima pubblicazione, Jorge Luis Borges, Annalisa Comes, Zbigniew Herbert, Letizia Leone, Sylvia Plath, Ezra Pound, Gino Rago, Antonio Spagnuolo, Wislawa Szymborska, stabiliscono nei loro versi una sorta di corpo a corpo lirico-meditativo-emotivo-mistico-metafisico con le idee di immagine, di specchio, di sé stesso/stessa restituito/a da una superficie riflettente, in un gioco interminabile di verità e finzione in cui lo specchio si fa paradigma dello straniamento dell’uomo di questo nostro tempo de-centrato, stordito, frammentato.
Perché l’immagine allo specchio ci rivela il nostro sembiante, ce lo rivela come un «gioco» di significanti e di significati, di codici e di geroglifici tutti inscritti tra le stesse pieghe del nostro volto.
Un contesto di «gioco» nel quale la Parola, nel suo significato, rischia di farsi ancora più ambigua.
*
Gino Rago
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