SEGNALAZIONE VOLUMI = FABIO DE SANTIS
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Fabio De Santis: “Osso” – Campanotto editore – 2020 – pagg.94 - € 10,00
Dobbiamo decidere innanzi alla parola poetica quando accoglierne o respingerne la trasformazione di significato, indagando gli arricchimenti e gli impoverimenti dettati dal tempo, ed immergendoci nelle immagini da essa suscitate, oppure, quando difendere ad ogni costo il senso comune che non lascia spazi ai fraintendimenti nella coerenza stilistica e tematica. La scrittura rotola nella realtà come in un tunnel senza uscita e propone fenditure creative lasciando confitte le frecce dell’immaginazione. Si apre così il ventaglio dei riflessi.
Fabio De Santis aggiusta il tiro con incredibile fermezza e ricama abilmente i colorati motivi della canzone nei tre capitoli di questi volume, tutto intrecciato tra il semplice inserto dell’amore che “nostro si racchiude in un/ orcio di luce dentro un chiostro. Dal/ sagrato si può solo intuire/ l’odore delle viole sbalordite,” e le passeggiate nei luoghi conosciuti, tra Ferrara, Roma, Venezia, Battipaglia, Cetara, Bologna, contemplando la luna o indagando nel cielo, mentre “una civetta stride sul nostro letto/ e sorveglia famelica le notti/ dello Zodiaco. Guarda e/ ci sfugge,/ forse annunciando alle insonnie/ quanto la lotta e l’amore/ si assomigliano;/ come il verso della gioia/ e del dolore si generi dal/ medesimo ardore.”
Danze esuberati e composte sperimentano, nelle pieghe del corpo, una sorta di commistione onirica, così che lo spazio cerca un appagamento inesauribile nel sobbalzo del tempo che ci avviluppa nella solitudine e ci trascina all’ombra delle illusioni.
“Fabio De Santis – scrive Carlo Alberto Sitta nella prefazione- aggiunge un reperto per certi aspetti imprevedibile: in questa raccolta c’è l’osso scoperto che emerge, o meglio un sottofondo che in buona sostanza è la parte solidificata di un nervo. Il carattere oggettivo e correlato della scrittura tenta a puntare l’indice, comunque mitico, in altra direzione, a ricomporsi in una diversa dicotomia questa volta tra presenza e metamorfosi.”
Il respiro non tende all’affanno, ma si offre in fraseggi che si aprono come un ventaglio di carta in una geometria policromatica nella quale il tutto pieno ed il tutto vuoto si affrontano per rincorrere il ritmo amalgamato del verso.
Rimandi ed iterazioni, pulsioni ed immagini, incursioni e metafore, simboli e segnali si addensano in un adagio culturale di grande intensità, ove l’urgenza è determinata da una semplice necessità di raccontare se stessi, di amalgamare quella fertile linfa che rende raggiungibile anche il salto armonioso del sub conscio .
ANTONIO SPAGNUOLO
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