SEGNALAZIONE VOLUMI = BARBARAH GUGLIELMANA E ANNA VENTURINI
Barbarah Guglielmana e Anna Venturini – Andavo per nuvole e onde (La Vita Felice Ed.)- 2017 - pagg.64 - € 12,75 Una creatività tanto letteraria quanto artistica si pone in essere, riprendendo l’obiettivo finale di chi ama viaggiare, ovvero ignorare nuovamente l’incanto che gli si manifesta. Poesie e scatti fotografici appartengono al respiro di due donne che tentano nel frattempo di renderlo considerevole, alla ricerca quindi di una condizione privata, per la quale diventa semplice smarrirsi o al contrario avere coscienza di ciò che si è. Questo componimento suscita uno stato emotivo di sospensione, e delle parole ritagli le immagini, col tempo che può non rappresentare un deciso spostamento, ma che accresce la stima dell’insanabile aldilà, essendoci davanti un’anima che influenza, concertando l’altrove. Sfogliando le pagine curi una libertà di formazione, avendo a che fare col dissesto figurativo dell’illusione poetica, e di che fare un viaggio contorto, in cui l’inizio e la fine non si sviluppano appieno, prede di una volontà continua e irreale. Le autrici caratterizzano l’infrangibile distinguo, tra una matassa d’intime rivelazioni profumate con aspettative straordinarie e l’eccesso di realtà oscurante di colpo l’immaginario. La Venturini è abile a focalizzare una sorta di leggerezza episodica, d’approfondire sempre in movimento. La reciprocità d’intenti cataloga un’alternanza di foto e versi, opere che se separate non soffrono di solitudine, che s’ingrandiscono addirittura, per il bene di una storia scorrevole, con cadenza e intervalli propinanti la massima solidarietà alle vedute di poesie in corso d’estrazione; a un’elaborazione compatta. La percezione procede piano, dando conto a nessuno, per stabilire il tempo di un discorso, e spalmare la mente sulle inquadrature, come in una lacrima a riposo, nella verità che il pianeta Terra deve riscoprire ricordandosi delle premure materne, melodiose, inculcanti il sollievo all’eterno. La Guglielmana predilige il legno quando sollecita calore, ossia quello invecchiato, fragile… propensa poi a fuggire su di un puro volatile, per non soccombere al cemento di vie cariche di malessere ed emarginazione sociale, e perché non in grado di garantire una sistemazione, facendo pensare a quei massi che si sbriciolano da cime impervie. Il cammino si allunga usurando la mente, e intanto il palato si accende con pretese amorevoli, a seconda degli stati d’animo della poetessa, passiva al vuoto di un cuore sovrano, nell’attesa che la sua metà faccia pace con se stessa; destinata alla solitudine di un approdo sconvolto dalle correnti d’aria, per speranze da imbarcare brillantemente, non tralasciabili assolutamente, seppur il lavoro di una vita decade e non resta che procacciarsi dei terribili battiti in petto. Ci si sporca personalmente e oggettivamente di similitudine, con figure che si riflettono nei loro percorsi, anche mentali, dati degli esserini svolazzanti, che chiedono di entrare dalla finestra… in effetti la Terra non può fare altro che riprodurre illusioni per una po-etica che, in questo caso, scaccia le malattie con l’umana sensibilità. I flash di Anna sono di un’autorevolezza rasserenante, dati di fatto e cambi di apparenza a ricreare una brevità di tempo che sfugge quando svaniamo nell’atto compiuto, per aderire alle scorribande dell’immensità; pensando a pelle, di animare piano zone del mondo da riscoprire al decadere del giorno magari, col patimento da ridimensionare amando l’ambiente che ti circonda senza preoccuparsi delle aspettative, per concentrarsi sui minimi dettagli di un’umanità non sempre pari alla volontà di espandersi, al margine della propria composizione. Grazie ad Anna persistono segni di un movimento minuscolo, e non importa se in avanti o all’indietro, perché la sostanza del tempo si materializza ugualmente; e la si pensa addirittura, in modo nient’affatto avventato, bensì con un talento poetico che “va” persino aldilà della capacità artistica ricavata studiando nello specifico. Tornando ai versi, lo scopo che si racchiude in codesti, che dimora nella pelle della Guglielmana, consiste proprio nel colore da prendere tranquillamente, senza strafare; a fronte dell’interesse terreno, che “va” comunque delicatamente analizzato, scrutando la gente senza nascondersi dietro a un dito, senza smettere d’essere all’altezza dei doni della natura. Sensoriale, a tratti aggressiva quando l’immaginario le si ripercuote in tutta scioltezza, per il benestare della Venturini, carico di significati ricreativi, in ogni sua istantanea che sembra fissare l’oltre su di un’originale e decisa varietà di figure. L’opera, poetica nel complesso, è di una spontaneità a cui si deve credere meticolosamente, di evidente stampo, scaturita dall’educazione all’arte, alla sorpresa da ridefinire viaggiando e persuadendo; per quell’idea di contare qualcosa, ostacolata da noi stessi tutto a un tratto, specie senza badare all'incisività delle malinconie. * VINCENZO CALO'
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