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Antonia Gaita, Ripetere il mondo, Book Editore, 2020, pag 89-- € 15,00
Fra dipinti e versi esiste un’attrazione irresistibile; è un rapporto però complicato, allo stesso tempo esaltante e tormentato, fecondo e teso. Pittura e poesia appartengono a due dimensioni artistiche e creative differenti, a volte fanno fatica a trovare il giusto accordo, una proficua e distesa sintonia. In certe occasioni la parola poetica entra in competizione con le immagini alzando il suo canto fino a sovrastarle; in altre abbassa voce e toni che finiscono sommessamente per accompagnare quelle immagini. La poetessa parmigiana Antonia Gaita, nella sua recente e bella raccolta Ripetere il mondo (Book Editore, 2020), trova invece la giusta misura e fa dialogare poesia e pittura in modo rispettoso, senza che una delle due prevalga; pur mantenendo la propria identità e autonomia, ognuna rafforza e valorizza l’altra.
Una caratteristica rende questa raccolta particolare: a fianco della quasi totalità delle circa quaranta poesie che la compongono sono riprodotti i quadri con cui ogni testo si confronta. Non svelerò i nomi dei loro autori, rivelo soltanto che l’opera in copertina è di Carlo Mattioli, al quale il libro è dedicato e che è stato insegnante di Antonia Gaita.
“Ripetere il mondo” è uno dei compiti della letteratura e dell’arte, non esclusivamente nel senso di raffigurarlo, ritrarlo e imitarlo, ma più ampiamente e intensamente di ricrearlo e reiventarlo. Quando si riproduce più o meno fedelmente la realtà contemporaneamente la si trasforma: ogni nuovo punto di vista fa emergere aspetti inediti e originali delle cose, perché “le cose hanno un’anima, un volto una vita”.
I quadri possiedono un potere magnetico ed evocativo, ammaliano, catturano, rapiscono e ipnotizzano lo spettatore: “la tela ti avvince con l’occhio del serpe / che inchioda la preda”. La retina viene impressionata, l’occhio percepisce, indaga, “coglie visioni”. Il prodigio e la magia dell’arte stanno in questa penetrante fascinazione: “E accade a chi sosta e ferma lo sguardo / d’accostarsi a uno specchio, / riconoscere di sé l’immagine sommersa”.
Le due parole che più frequentemente si ripetono nei versi donando loro vivacità e brillantezza sono: luce e colori. Una luce che “lenta declina / in un dorato autunno” oppure che si diffonde, dilaga, esplode; che abbaglia con “i guizzi sfuggenti della fiamma” oppure che flebile scivola nella penombra e nel chiaroscuro. Colori ora violenti ora sbiaditi, dal forte cromatismo o dalle “lievi screziature”, monocromi o policromi, tenui o densi. Luci e colori che si affidano a tocchi, pennellate (“Vortica il cielo di pennellate brevi”), a “linee tracciate a punta di pennello”.
Con uno stile classico, misurato, elegante e armonioso, Antonia Gaita ci conduce nel territorio incantevole dove poesia e pittura si parlano con discrezione: “Parola o immagine / è arte di dire. / Forse soprattutto, arte di non dire”.
Giancarlo Baroni
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