SEGNALAZIONE VOLUMI = LEONE D'AMBROSIO
Leone D'Ambrosio: "Teorema elementare" - Ed.Ensemble - 2022 - pag. 86 - € 12
Prefazione di Elio Pecora - Postafazione di Carmine Chiodo
=La grammatica dell'amore e della memoria contro Thanatos in " Teorema elementare "di Leone D'Ambrosio=
= Vorrei prendere l'avvio, per parlare di questa silloge così tenera e, nello stesso tempo, così "violenta", per quell'impasto di "affetti, di memorie" da cui è pervasa, "di un'armonia forse impossibile, ma sempre da ricercare, da perseguire", "in un'alleanza contro la precarietà e la morte", in "una poesia che non slitta nell'addobbo e nel rovello, ma dice le giornate del mondo e s'interroga e chiede risposte agli assilli, alle paure, ai dinieghi", dalla prima lirica "Teorema elementare", che dà il titolo all'omonima silloge il cui incipit, sublime, racchiude quel desiderio di cui parla Elio Pecora nella prefazione, "quel desiderio, che è insieme sogno e idea, di un'armonia forse impossibile, ma sempre da ricercare, da perseguire", attraverso parole calde, chiare e immagini sfavillanti e smaglianti di grazia, di fuoco, di trasparenza e lucentezza d'Amore, in un attacco celeberrimo di lirica montaliana "Portami il girasole..." ma di diversa natura e matrice esistenziale, con cui pure, però, è possibile cogliere alcune analogie, di cui si tratterà più ampiamente, per ragioni di spazio, in un'altra sede. "Portami un cesto di parole/quando verrai a trovarmi,/una brace di sole/ e una carezza di mare/del mio paese, un frammento/di luna che squarcia la notte"(p.9). I versi citati evidenziano, appunto, il desiderio di assumere, in questa società asettica, frenetica, "leggera" e dedita all'avere, a tutela delle insidie, come divinità o entità protettrice la "parola", se non addirittura il Logos, il flessuoso mondo della leggerezza dell'amore, della levità (non a caso, in apertura, abbiamo l'immagine diafana, smaterializzata del cesto), il simbolo, il principio della vita (la genesi della creazione, dell'universo), accentuato nel terzo verso da due termini "brace di sole" che, se vogliamo, contenutisticamente si equivalgono ma che dal punto di vista iconico, immaginifico, amplificano il desiderio o la sete di vita o di vivere, di "stare nella vita", all'insegna della solarità, nel fuoco dell'amore come esplosione di sogni, anelito al "suo inarrestabile sognare", e dalla "carezza di mare", al quarto verso, ossia la trasparenza, la semplicità dell'acqua, immagine che, in questo caso, assume il significato e l'emblema di liquido amniotico, come fonte generatrice di vita, bagno di immersione o purificazione anche nel mondo prenatale, nel grembo materno e in quello della terra, del paese, e, nel quinto verso e nella chiusa, dal richiamo astrale simboleggiato dal "frammento/di luna", che ricopre un aspetto magico e, come detto, un motivo astrale in cui si identifica il perpetuarsi della vita "che squarcia la notte", ossia la Morte, Thanatos, il "principio" che infierisce o tenta di infierire sulla o contro la fine, il nulla, l'assenza perpetua. Dai versi successivi è come se si aprisse una tenzone dialettica ed esistenziale, metafisica, "tra il principio e la fine", "il dubbio" o la certezza del cristiano che non tutto possa o non può risolversi, finire con la morte, in quanto la vita grida o esprime il desiderio di vivere, "la vita da vivere", "un teorema elementare/come il perimetro /di una pozza d'acqua/ o l'ombra della ringhiera /incurvata sul pavimento" (p.9). L' opposizione, di cui si parlava precedentemente, si manifesta vieppiù in questi versi finali che rappresentano due paralleli oppositivi, contrastivi e che delineano il bisogno di vivere l'esistenza (o nell'esistenza) che è sì "un teorema elementare", anche se circoscritto, "come il perimetro/di una pozza d'acqua", ma flusso vitale, esistenza che deve far leva però sugli affetti, sulla memoria, sul ricordo, illusioni e realtà, nel contempo, che possono e devono allontanare o annientare "l'ombra della ringhiera/incurvata sul pavimento", con richiamo a quell'altra sublime e suggestiva silloge "Le ombre curve" (Prefazione di Aurelio Picca, postfazione di Antonio Spagnuolo, saggio critico di Aldo Onorati, Roma, Edizioni Ensemble, 2020), in cui si potrebbe vedere un'allusione alla fine della vita a cui si deve comunque resistere, pur nelle quotidiane insidie, nelle quotidiane ombre che si allungano sempre di più e ci accompagnano durante il viaggio terreno, come una "bufera". "Tra il principio e la fine/rimane la vita da vivere,/un teorema elementare/ come il perimetro/di una pozza d'acqua/o l'ombra della ringhiera/incurvata sul pavimento./A quest'ora i miei paesani/riposano in un silenzio/geometrico mentre le nuvole/si staccano dal cielo/e fanno breve sosta sopra/quelle strette finestrelle./Ma la sera, non so perché, il mio pensiero torna a te, al dubbio dell'eterno/e a questo mondo/che non è dei morti."(p.9). Il contrasto ossimorico si acuisce sempre di più tra i paesani allorché "riposano in un silenzio/geometrico", ovvero nella serena spensieratezza di quel momento, di quell'ora di ristoro, "le nuvole" che "si staccano dal cielo/e fanno breve sosta sopra/quelle strette finestrelle", in un abbandono magico, estatico del paesaggio celestiale che si fonde con quello terrestre, con il respiro di quelle amate strette finestrelle, come se si rinserrassero, aprissero pori di serenità, di tranquillità, di azzurrità, e l'inquieta pensosità o la pensosa inquietudine dell'essere umano, ancor prima del poeta, sul senso dell'esistenza, del "dubbio eterno", del mistero del Verbo; "il che significa", come acutamente, tra l'altro, coglie Domenico Defelice, "che D'Ambrosio crede cristianamente in un'altra vita, concreta, piena e senza termine rispetto a quella quasi labile, effimera, che ci tocca trascorrere su questa 'convulsa terra' che, tuttavia, 'illesa vola/dentro celeste sponda,' "più silenziosa e pura della luna", crede, dunque, paoliniamente e francescanamente, nella sconfitta del tempo fisico, della Morte, che non è cessazione, fine della vita, ma metamorfosi dell'ombra in Sole, del dolore in gioia, del ricongiungimento finale con gli amati, i cari, un perenne cantico a quel Dio, il cui respiro è nel creato, nell'azzurrità e nella nostra anima, nella nostra brama di sete celestiale protesa al "respiro eterno", ai "silenzi di Dio", al Principio Infinito: "Qui potrei morire/col cuore in tumulto/nella mutezza dei sassi/e la topografia del mare./ Nel silenzio di Dio/accartocciato/in questo azzurro /usurato dal tempo" (p.22). Il tutto in una "poesia sinfonica che richiama sempre la casa-vita dove appunto 'nasce' e 'muore' la vita. L'interno, la casa e l'esterno, le cose, i luoghi.” In una poesia "non per nulla cerebrale o scontata, retorica ma sofferta e intensa e ancora in essa si ammira una parola ben marcata e inconfondibile", come energicamente sostiene Carmine Chiodo nella postfazione.
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Rocco Salerno
Leone D'Ambrosio, Teorema elementare, prefazione di Elio Pecora, postfazione di Carmine Chiodo, Roma, Edizioni Ensemble 2022.
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