RICORDO = LUCIO ZINNA
**Capitoli di riflessione dedicati al Poeta Lucio Zinna1
Molto spesso la storia (imponente nelle congiunture epocali) distorce la vista sulle essenzialità della ricerca coniugata nell’azione del vivere e passa nascostamente quelle che si disporrebbero a garanzia della continuità esistenziale. (…) In tal senso esorto la mente ad accelerare e a planare sulle retrovie delle azioni in grado di apportare sentenziali cambiamenti o, meglio, svolte che, pur nell’assunta in-obbediente mitezza, persistono a raccogliere elementi che rendono la storia della cultura un’incessante tensione di ribaltamenti cadenzati da riflessioni che non meccanizzino il processo evolutivo-evoluzionistico. La cultura non è negoziabile.
Sembrerebbe essere il territorio marcato da Lucio Zinna – uomo e poeta. Altresì potrebbe riguardare quanti hanno solcato in questi anni le scie silenti di zone sub-conosciute, che non hanno turbato e, anzi, subito il turbamento fino, talora, a strozzare (senza «elidere») la voce di un agitarsi perché la cultura del XX secolo si coniugasse con un osar osare (memoria di Barbey d’Aurevilly) come realizzazione del «saper vedere»2 di Zinna.
(...)
Protagonista tra quanti hanno inciso con una poesia consonantica sul percorso sommativo dell’ultimo quarantennio del XX secolo (spingendosi in là e divenendo presente), Lucio Zinna lascia alle spalle le congetture di una periodica e prosodica forma normativa nell’atto di spingere al familismo dove non riesce a deturpare con una vista affatto nuova le abnormità che escludono l’essere soggetto, sebbene portino in superficie una norma in nome del soggetto uomo. Ma dove trovarlo e, soprattutto, come recuperarlo, se non allungando il passo verso tempeste concitate e affabulate; dietro sussurri fossilizzati nella mal-interpretazione? Come riprodurne congeniali forme che non siano dogma contenutistico, nel cui brandello ci si nasconde per affermare la stortura del mondo, che tale in fondo non è nell’assoluto (se non nella «“certezza” del relativo»3 ) e che inneggia alla sopravvivenza quotidiana in nome di un ideale di concretezza. Un irrigidimento che scalfisce la roccia e placa la tempesta.
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Antropica sostanzializzazione, la poesia di Zinna è in una mutevolezza che non socchiude le porte a nulla e dispone a un’esagerazione dei caratteri propri del «quanto camminare» papiniano, in cui insiste il giudizio inestricabile dagli enigmi che è il parlar converso di poeta: un trattar intorno alla posizione di astrattezza dell’uomo, della sconvolgente conquista del pascaliano concetto di nullità rispetto all’universo.
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Nella poesia di Lucio Zinna tanti sono gli elementi che rimandano a una fenomenia dell’entropismo inteso nell’improbabilità di ritorno, ciò macchiando, in un certo senso, il desiderio innato di una ripresa finalizzata alla correzione. No. Tutto appare concluso, sebbene nell’interno si concimi la poderosa frantumazione ravvisabile in altro. Frantumazione o sbrindellamento occorrenti anche là dove il cesello appaia nella misura di compattezza e solidità, oltre che deciso e intellettualmente capace di coordinazione. E si tratta di una coordinazione che il poeta vive in schemi figurativi per nulla pregiudiziali, entro i quali le movenze sue confluiscono in una mobilità fatta di rimandi, di sinestesia e di sincretismo a collaborare nella complessità e a fertilizzare il campo concettuale, descrittivo, sintattico-semantico, al fine di alludere a una neo morfotonia, nella quale nulla va ad esaurirsi, ma che a occhi abituati a vivere di presenze di superficie sovente sfugge.
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Metonimica nella facoltà comprensiva di presenze tattili e assenze ricorsive, la poesia di Zinna rilascia vitale esistenza nel perturbamento del figurato evocativo, che in genere assiste la comprensione e l’evoluzione stessa della poesia. Nel dato narrabile, al contrario, essa appare tracciato tropico (in svolgimento), sì da legarsi allo scompiglio dell’intelletto nel configurare l’immagine percepita di una realtà. E si tratta di una fermezza che non lascia nulla in trasparenza e che, attraverso la varietà di apallage, nientifica il tecnicismo sarcastico nel quale sovente l’ironia scivola. Di tal specie il rimando è nella struttura anti-fissativa di stile, che segue la vorticosità degli elementi, siano essi presentati o presenti sottoforma – pare assurdo! – di mancanze o eliminazioni: tutto ha valore accrescitivo, poiché nella poesia di Zinna l’elisione è carattere in sé, percezione ottica, appercezione gustativa e attesistica.
(...)
Addensante e moltiplicativa, la poesia di Zinna è compresa da rimandi e colta costantemente nel momento epifanico, quasi accidentale.
(...)
Qui
ove tutto appare accessibile
e vertiginosamente lontano
appare endogena la lateralità
fermenta nel verso
si fa zibibbo e inzòlia
qui
– ove si parte approdando
e salpando si torna –4
=
All’Amico nel sempre. Al Poeta del sempre
*
Carmen De Stasio
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1 - I brani ivi riportati sono tratti dal Saggio realizzato dalla sottoscritta e intitolato Fattori endo/esogeni nell’Antropoetica di Lucio Zinna, pubblicato sulla Rivista Antologica «Letteratura e Società» n. 59, Anno XX, n. 2, Luigi Pellegrini Editore, Cosenza, maggio-agosto 2018, pp. 29 – 48.
2 - M. Barbaro, L. Benassi, G. Lucini (a cura di), Per il «transrealismo» del pittore Guadagnuolo (poesia inedita) tratto da «Poeti e poetiche 2», Ed. CFR, Piateda (So), 2013, p. 57
3 - Per il «transrealismo» del pittore Guadagnuolo, ibi, p. 56
4 - L. Zinna, Insolarità, in Poesie a mezz’aria, Segrate, LietoColle, 2009, p. 41
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