mercoledì 21 marzo 2012

Poesie = Alberto Vitacchio

tre testi 

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frantumando esitazioni
è la fuga che sorprende
l’ansia ripiegata di chiedersi
con malcelata apprensione
gli occhi appena cerchiati di alba
soppesando pause minuziosamente concave
è squisito il fruscio di nebbia
l’astuto rovesciarsi dei tavolini
restano quindi percorsi tracciati
mappe catastali inzuppate di polvere
sfogliando cadaveri imbronciati
stradezavorra colme di fumo
è l’incontinenza dei fuochi
il calore gelido dei primi piani
le mani ricalcate frettolosamente
per intuizioni seriali
è la caduta ininterrotta
di lei le braccia sollevate
per pura illusione a contare pianerottoli
è uscendo sul ballatoio
la porta greve di sonno
le dita arcuate a reggere sacchetti
gonfi di prima e lievemente stempiati
in rotazione del corpo
per ovvietà giornaliera
è sedersi a gambe ripiegate
esplorando fotografie lievemente sfocate
lo sguardo svogliato
evitando bisbigli frenetici nei ripostigli
è l’attesa stupefatta dei tulipani
aggrappati al vaso socchiuso
il rifiuto di ascoltare richiami
spalmando crema chantilly
accuratamente
lungo i bordi degli ascensori


**
insulsa la penombra recisa
è la pausa nel respiro
attesa contratta di luce rifratta
le dita come zavorra oscura
grumi di silenzio teneramente scolpiti
per incertezza o abbandono
è l’ottusa presenza di bottiglie vuote
specchi graffiati
cataste di vestiti abbandonati
scatolette di tonno pensose
non basta comunque voltarsi
indossare cappelli di carta rossa
svuotare inchiostri rappresi
gli occhi tesi ad evitare richiami
è il frantumarsi sordo di capoversi
citazioni di prima o dopo nel narrarsi
sussurrando con voce sommessa
colmando diaframmi di silenzio
è la presenza di afonie sdrucite
immagini di cadaveri supini
per opportuna meditazione mediatica
le finestre spalancate
a contemplare la polvere grigia
il riversarsi di aiuole quasiverdi
debitamente stilato in caratteri sottili
è contemplarsi in vecchie fotografie
devotamente seppiate
l’affastellarsi della carta sullo sfondo
rovistando attese e torte alla crema
si coglie il rosso cupo del canyon
l’aridità affannosa dei sentieri
è la presenza accartocciata della carta stradale
che completa l’immagine
sul tavolino una ricevuta dubbiosa
di caffè e doughnuts
in fondo non resta che respirare


**
è l’assenza di fondi di caffè
che coglie impreparati
immobili
accanto all’acquaio dove affogano tazzine
è strofinando piano le dita
quasi di nascosto per pura decenza
le labbra serrate per non emettere vocali
il braccio destro ripiegato             ansioso
s’intuisce la possibilità di voltarsi
azzerare la cascata di secondi
affastellata dall’orologio rosso
i resti di una pagina languida
cosparsa di grafia a specchio
è la penna sguaiata nel suo richiamo
che distoglie l’attenzione dai margini
si suppongono fosse nel giardino
mucchi di terra smossa
vaghe certezze di rastrelli e cesoie
voltarsi è movimento miniato
quasi una resa sopita
è il bisbiglio frenetico del televisore
che sminuzza il silenzio
per assoluta insofferenza
si annotano immagini di corpi immobili
tracce di sugo sul tavolo
voci sinuose che narrano di biscotti perfetti
il vasetto del miele
debitamente coricato
offre inevitabili vie di fuga
sia pure traslucide e appiccicose
è ancora opportuno?
-
Alberto Vitacchio -







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