venerdì 30 novembre 2012

RECENSIONE = FLORIANA COPPOLA

FLORIANA COPPOLA – “Mancina nello sguardo” – Ed. La Vita Felice – Milano – 2012 – pagg. 87 - € 12,00 -

Floriana Coppola, scrittrice poeta e collagista, vive a Napoli, dove insegna materie letterarie negli istituti statali superiori.
Mancina nello sguardo è un testo non scandito e anche questo elemento ne accentua il senso di una vaga compattezza poematica; tutti i componimenti sono senza titolo e tale caratteristica accresce il senso di coesione e di unitarietà dell’opera nel suo insieme.
Spesso i componimenti sono preceduti da brani in corsivo, che sembrano delle riflessioni di carattere speculativo, dal tono filosofico.
Le poesie, tutte suddivise in strofe, scorrono in lunga ed ininterrotta sequenza e rarissimi sono i segni d’interpunzione, in un fluire che si potrebbe definire barocco, nel suo procedere per accumulo.
L’io – poetante è molto autocentrato e si constata una forte densità metaforica e sinestesica.
Interessante la prima poesia della raccolta dal carattere programmatico e che riflette sulla poesia stessa:-“…Cibo parola/ poesia come pane/…la poesia marca il territorio/ con i suoi picchetti di carta e di fumo/…-”.
In questa composizione riscontriamo una forte fiducia nel potere salvifico della poesia che, almeno per chi la pratica o la legge, può diventare proprio come il pane, elemento indispensabile per il sostentamento dell’anima e del corpo.
I versi sono icastici, precisi e si riscontra una certa leggerezza, che si coniuga a velocità nel dettato scattante, sempre luminoso e armonico..
Il titolo Mancina nello sguardo ha una valenza sinestesica; frequente è l’aggettivazione e, a volte, si riscontra un tono intimista.
La poeta intesse un discorso fatto di riflessioni su varie tematiche che spaziano da eventi minimali legati al quotidiano, a temi ontologici come la morte e il tempo.
Si nota una volontà drammatica messa in atto per resistere ad un esistere che può diventare tragico:-“…/ strappo/ la buccia della vita/ a brani/ cibo miele amaro rappreso tra le mie dita/...”..
Continua e stabile è l’effusione dell’io-poetante carica di pathos legata alla corporeità e la poetica in questo libro è caratterizzata da un forte senso di inquietudine anche rispetto alla natura, che potremmo definire neoromantica
Un senso di tensione traspare nei versi, segno di un io precipitato nel baratro del tempo mediatico del postmoderno occidentale, che s’interroga sul tema del destino personale e anche su quello di varie categorie penalizzate da mali sociali, come quella degli operai cassaintegrati, o quella dei disoccupati.
Nel suo relazionarsi con la realtà, la poeta vive una forte ansia, che si risolve e si realizza in immagini pervase da dolore e da una notevole tensione verso tutto quello che la circonda.
Il rapporto con un tu, del quale ogni riferimento resta taciuto, un tu maschile, presumibilmente la persona amata, che s’incontra frequentemente, nel corso della lettura, è molo travagliato e carico d’angoscia.
Nonostante il forte dolore espresso nei versi, la poeta non si geme mai addosso, e gli stessi versi non sono mai debordanti ed è presente un forte controllo formale e la versificazione, nonostante la materia trattata, è sempre sorvegliata e precisa, nitida e icastica.
Si dimostra coscienza letteraria in un acuto esercizio di conoscenza.
RAFFAELE PIAZZA -
*****
Ho solo tre lacci nelle mani
uno rosso per gli occhi
uno corto per la gola
l’ultimo che non conto
per un volo senza atterraggio
ho lanciato il cuore e i piedi
da u marciapiede all’altro
per incontrare le ruote dei passanti

volevo farla finita
ma non hanno voluto
la strada mi ha rapito
non conosce tregue né soste
al sovrano sconcerto del dolore
ma vuole ancora il racconto il canto
sono nata a maggio

ho il vento di aprile nei capelli
e sono mancina
nello sguardo.
(*)

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