domenica 2 settembre 2018

SEGNALAZIONE VOLUMI = EDITH DZIEDUSZYCKA

Edith Dzieduszycka: "Haikuore" -- Genesi Editrice, Torino, 2017

Un tentativo di decostruzione del significante, un’evasione/ eversione , spesso più contenutistica che formale dalla angusta gabbia metrica dell’ haiku: ecco quel che subito colpisce e più attrae criticamente in questo recente libro di Edith Dzieduszycka, Haikuore , curato e prefato da Luigi Celi.
Vediamo subito qualche esempio di questi haiku dichiarativi. Pozzo profondo/ fucina d’haiku folta/ salto nel buio. Oppure questi: Senza eccezione/ sillabe diciassette/ né più né meno. E ancora: Ne va studiato/ il meccanismo oscuro/ ci vuol pazienza.
Provocazione e ricerca nella gabbia stretta della metrica di questo genere antico, apparentemente semplice, ma in realtà tramato di sensazioni ed equilibri insospettabili. Umorismo e distorsioni tematiche connotano vistosamente i testi delle sei ampie sezioni di cui si compone il libro. Programmatici si diceva sin dall’inizio i primi testi nella sezione Haikulla. Abbastanza legate ai temi tradizionali, ma già con vive scelte espressive, specie nei quinari finali, le sezioni intitolate Haikulto e Haikuculo. Estrapoliamo solo qualche esempio da queste due sezioni. Si pensi a Compito arduo/ calcolare le stelle/ panico puro. Emerge sì un timore, ma anche una sottile ironia nello smarrirsi nel conto esponenziale; un paradosso che genera sorrisi questo voler essere essere ragionieri, contabili della notte stellata! Impossibile a priori! Ironia che emerge anche in questo testo: Mortificata / si è scusata la rosa / fatto spinoso. A volte felicemente eretici, e sono forse i testi più interessanti, quelli amorosi, almeno sotto il profilo sociologico del vissuto quotidiano. Uno più uno / non sempre fanno coppia/ però qualcosa. Ed altri sono interessanti al riguardo la sfera pubblico/ privato, presenti nella sezione dedicata all’eros di Haikucucito, Arriva l’ora / del più niente da dire/ vertenza chiusa. Asettico, ma ironico e graffiante il silenzio dell’eros. Di questo tenore anche molti altri haiku compresi nelle sezioni finali di Haikucucito e Haikulmine. Un mondo di pensieri minuti popola dunque. quest’opera di Edith Dzieduszycka. Serve però anche un inquadramento generale del problema Haiku e della sua ricezione, per meglio comprendere quell’originalità che si evince dai testi che costituiscono la copiosa silloge dell’autrice.
Oggi la scelta dell’Haiku dilaga, specie sulla Rete. Un rigoroso minimalismo di antica tradizione è spesso ridotto a mero frammento: bonsai del quotidiano. Odicine all’ Impoetico Seriale, poi diffuso in forma virale! Ombra sermocinale di una vita in corsa che si affida a pillole di scrittura di pseudo quiete. Potremmo chiamarli … Sms di diciassette sillabe in tre versi! Una nuova app. da mettere su smartphone, flashes divita ridotta in pensieri minuti da condividere, o tenersi come diario del caos: ironico, gnomico , disperato o felice è l’arcobaleno dell’animo affidato a nuvole di scritture. Questo stato delle cose evidenzia sul piano critico e sociologico non solo un far west di auto e psico scritture, ma la consapevolezza che tale anarchia è segno decisivo, oggettivo del capolinea di ogni vero fare poesia. Ma poesia si può e si deve scrivere! Poesia è ombra di necessità del Sé; inquietudine in gabbia che va creativamente risolta. E allora per paradosso dilaga la forma dell’Haiku. Di questo genere, estraneo alla tradizione occidentale, vanno date alcune informazioni storiche e tecniche, anche per capire l’origine di taluni fraintendimenti, frutto anche di un sentire, di una mentalità storicamente e spiritualmente diversa tra oriente e occidente. Luigi Celi, che, come detto, ha curato il volume, ci guida in questo cammino storico ed estetico, con una premessa sull’antica poesia nipponica. Va chiarito in primo luogo il concetto di ku: le parti costitutive del tanka, forma poetica dominante in Giappone a partire dal IV secolo. I ku sono da intendersi come momenti, unità espressive di fenomeni catturati nei pittogrammi cinesi Kanji In sintesi l’Haiku, che rastrema la forma del tanka,- schema fisso di 5/7/5/7/7 ku- , è imperniato su una misura metrica fissa di soli 17 ku- 5/7/5 sillabe. Insomma solo la prima parte del tanka si mantiene. I ku erano le parti di un tanka che avendo una unità di senso servivano per contare quelli che noi chiamiamo erroneamente versi. Quando furono introdotti i kana, i pittogrammi - di ascendenza cinese - , furono mischiati con essi.
Ma questa è la storia di un genere! Ora la polimorfa scrittura di Edith Dzieduszycka segna un interessante bisogno di giocare con il linguaggio per dire epigraficamente con un suo haiku: Parole poche/ per guardare alla vita/ kuore conciso. Esempio perfetto, ci sembra, di un'ana scrittura rarefatta e minimale che la nostra poliedrica e creativa autrice usa con spregiudicatezza e intelligenza, cercando soprattutto squarci di sé e della realtà quotidiana, in consapevole allontanamento dalla tradizione di immagini quasi d’acquarelli, atemporali, come spesso sono i veri haiku dei maestri giapponesi. Un evento breve che trova d’improvviso la sua forma esatta, come acutamente ha riconosciuto Roland Barthes, verificando la cifra antidescrittiva dell’haiku tradizionale. I testi di Edith Dzieduszycka non sempre rispondono invece a questi canoni di esattezza, sono il magmatico specchio in onda di occhi- freccia sul mondo reale e su qualche atollo onirico.
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Paolo Carlucci

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