venerdì 20 marzo 2020

SEGNALAZIONE VOLUMI= ROCCO SALERNO



Rocco Salerno, L'emblema casto del passato - In memoria di Dario Bellezza, Edizioni Confronto, 2017

... Quando abitavo per la prima volta fuori San Lorenzo, a Centocelle, da un lustro e mezzo degli anni ottanta, nella graziosa casetta con un piccolo terrazzo, ( dove coltivavo basilico gigante, peperoncini, prezzemolo e anche un paio di piantine di Maria, con la deliziosa gatta di nome Icaro, Bianchina, sua figlia, il randagio Belzebu' e tanti altri che gattiavano, figliavano, si moltiplicavano, come funghi, senza sosta) vicino al piazzale delle Camelie, in Via Ceprano, e l'amico e poeta Rocco Salerno condivideva con me lo spazio edenico, ero solito organizzare dei convivi letterari, che diventavano un laboratorio poetico, animato e singolare, in grado di sostituire il calore della brace, delle fiamme dei caminetti del Sud, di un tempo, prolungando il racconto, l'oralità.
A tanti poeti frequentatori delle serate avevo dato degli epiteti: Dario Bellezza (il Vate), Dante Maffia ( il Divino), Giuseppe Selvaggi ( l'Eccelso), Rocco Salerno (il Sommo o il Maggiore), Luigi Gulino ( il Maledetto), io stesso (il Minore) e l'amico, estimatore dei nostri versi, Carlo Chiera, ( l’Infimo di Piticanne).
Centocelle era ancora un quartiere di sapore periferico, pasoliniano, dai tramonti rosso - scuri africani della Casilina, pieno di osterie e vini e oli, molto popolare, dove Bellezza, in modo particolare, amava ritrovarsi davanti a una rosetta croccante con mortadella e a un bicchiere di buon vino, nell'osteria della Signora Sofia, nostro bivacco serale.
Gli incontri si svilupparono e proseguirono a casa e nelle rassegne letterarie organizzate nella capitale.
Così dopo questo antefatto diventa naturale fare una chiara disamina dei versi di Salerno. Disamina che non necessita di particolari invenzioni per dare un quadro saliente e convincente dell'uomo e del poeta Bellezza, poiché la stima che Salerno ha per la sua opera e l'affetto sincero per la sua persona sono stati collaudati negli anni, nel tempo, con le serate estive trascorse a Roseto Capospulico, in Calabria, nei vicoletti del paese vecchio o sotto il castello, passeggiando sulla ghiaia della pulitissima e azzurra spiaggia, o nella capitale.
"L'emblema casto del passato" consta di venticinque liriche e il titolo fa risuonare alcuni versi del poeta " Maledetto nostrano", dalla sua raccolta " Proclama sul fascino".
Bellezza è uno scrittore multiforme, a cui sono state incollate molte etichette e forse tutte gli calzano bene, ma è anche il Poeta dell'amore caliente e gitano, come Lorca, conturbato e casto, come Catullo, piegato ed esaltato nell'immortalità dell'arte, della poesia: dunque un cultore romanticissimo della Bellezza, e poiché il suo cognome è Bellezza, cerca di adempierlo in pieno: " Nomen Omen”.
In questi versi della prima lirica, Salerno traccia con una metafora baudelairiana lo stato di impaccio del poeta, deriso e schernito, munito di grandi ali d'albatro che gli impediscono di planare sulla Terra, di camminare in armonia.
" Voi non sapete
chi è un poeta.
Che ne sapete voi
che squadrate la gente
di un poeta.
Non sapete le foreste vergini
che crescono dentro a un poeta
nel nostro Sud
pieno di sangue e profumo.
Non sapete le mani aperte
di un poeta
anche nella tempesta."
Un nostos, ovvero, una sana saudade è presente in questi versi. Il piacere di ogni incontro rimane scolpito come granito, per poi divenire diafano, rarefacendosi nella dissoluzione del transeunte.
Ogni attimo di presenza è vissuto come se fosse l'ultimo, quindi pregno di valore, irripetibile come ogni gesto umano che ha luogo sulla terra.

" Ti ritrovo sordo
ad ogni superfluo bisogno
se allarghi solo gli occhi
al delirante sole oscurato
di via dei Giubbonari".
"Il tuo ciao di commiato
mentre ti allontani
per recarti da Moravia
mi esplode negli occhi
come il giallo di Van Gogh."

Nei suoi versi di dedica, Salerno traccia una via e un viatico dell'esperienza sua e di Dario, riuscendo a creare uno specchio per far riflettere e meditare sulla caducità della vita, sulla presenza di Morte contigua alla vita stessa, ma anche sul senso profondo dell'amicizia, dell'arte, che ogni cosa trascende, per assurgere a quel corpo senza corpo, senza peso, senza tempo, anelato dagli Aedi di tutti i tempi.

" la tua voce affaticata
risuonava pure alta
nel locale/
spogliando Salomè
della sua virginea purezza
sfilacciando
anche la tua carne
come il sole
quando tramonta
come la luna infingarda
delirante
sui tetti di San Lorenzo.
Ammutolisce la sala
guardinga
guidata da Biagio
nei tuoi meandri
nei tuoi respiri vitali./



E mentre Bruno e David
ti accompagnano a casa
Roma
impietosa
inghiotte i tuoi sogni,
la tua storia,
l'ultima tua poderosa
parola.

(In occasione della lettura del testo teatrale "Salomè”, recitato da Bellezza al Luna Club, Via Degli Umbri, San Lorenzo, Roma, rassegna poetica" Il battello ebbro", a cura di Biagio Propato e David Colantoni, anno 1995... dove oltre Dario si sono succeduti Dante Maffia, Rocco Salerno, Vito Riviello, Marcia Teophilo, Gino Scartaghiande Maria Teresa Ciammaruconi, Lidia Riviello, Eugenia Serafini, Lucianna Argentino, Enrico Pietrangeli, Francesco De Girolamo, Sandro Di Segni, Manuela Vigorita, Daniela Negri, Maria Grazia Calandrone, Rita Iacomino e tanti altri... insomma, sembrava di assaporare un periodo di nuovo Rinascimento, che si alimentava con le molte altre rassegne, come quelle tenute al Caffè Notegen, in vIa del Babbuino).
Quella fu l'ultima volta in cui vidi l'amico Dario, subito dopo la lettura di Salomè ... Poi dopo qualche mese, la notizia della scomparsa, la veglia alla casa delle letterature, come per Amelia Rosselli, e quindi la sepoltura, al cimitero acattolico, presso la Piramide Cestia e l'assenza del Poeta dagli scenari televisivi, dalle viuzze e dai teatrini di Trastevere e di Roma.
Con il suo lavoro, appassionato e denso, concentrato come una pulsar, Salerno è riuscito a cogliere gli aspetti più importanti e più intimi della poesia e dello spirito di Bellezza, introiettandone persino gli odori, i sapori, i colori, entrando in modo altamente e delicatamente empatico nella personalità e nella poetica dell'Aedo romano di origine magno - greca, pugliese, che nella sua vita ha preconizzato e vissuto la sua stessa morte con grande consapevolezza, esorcizzandola e quotidianamente sfidandola, per allontanarla il più possibile. Però, accade, ahimè! " La morte raggiunge anche l'uomo che fugge".
Con un respiro per certi aspetti pavesiano e, comunque, stoico, Salerno ci regala una lirica testamento di vita e di arte che affronta il tema del viaggio ultraterreno e con tutta la lucidità di chi sa che qualcosa deve avvenire e che ineluttabilmente avviene.

" Certamente morremo, per sapere
o per essere certi
che niente dura su questa terra
se non la bellezza del verso.
Certamente morremo per nutrire
l'angoscia di questa vita.
Certamente per vivere moriremo
dentro l'angoscia
di questo sordo esistere.
Certamente morremo per essere. "

Nel concentrato e sentito florilegio " L' emblema casto del passato", con cui Salerno vuole omaggiare l'amico Dario Bellezza, troviamo una versificazione, che senza indugio alcuno, procede verso i campi di una composizione asciutta e lessicalmente, sintatticamente, semanticamente sicura, senza intoppi di mero descrittivismo, di ipocrita encomio ed elogio, di futile manierismo, che comunica all'istante una emotività pregna di condivisione umana e artistica.
Quando l’arte e la poesia sono pure, puro è il loro viaggio, e nulla le scalfisce, nulla le ferma e diventano vento leggero, Spirito, in grado di superare il tempo, la caducità delle cose: antidoto insostituibile all'amaro nettare della morte.

" Chiuderemo gli occhi
anche al Tempo
alla Morte
se avremo saputo cogliere
il segreto
della Bellezza. "
Roma, dicembre 2019
*
Biagio Propato blasius

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