SEGNALAZIONE VOLUMI = PIETRO SALMOIRAGHI
Pietro Salmoiraghi –“ Autobiografia involontaria”- La Vita Felice – Milano – 2013 – pagg. 95 - € 12,00
“Autobiografia involontaria” è un testo interamente composto da sequenze poetiche di maggiore o minore estensione, che potrebbero considerarsi anche dei poemetti autonomi.
La raccolta ha per tema quello dell’esistenza dell’uomo, in tutte le sue sfaccettature, specialmente le più drammatiche, come quelle del tempo che passa inesorabilmente, della consunzione, della malattia e della morte.
La scrittura di Pietro Salmoiraghi è chiara e connotata da una certa narratività e il suo versificare procede per brevi periodi e frasi staccate l’una dall’altra.
La forma, che il poeta ci presenta, è elegante e controllata e connessa ad un ritmo incalzante e leggero e non manca una certa musicalità nei versi scabri, nervosi e scattanti.
Nella prima sequenza intitolata “La storia è uno stagn”, lo scorrere della vita è paragonato ad una navigazione, che porta, inevitabilmente, al limite estremo della morte – naufragio; il poeta non ha un ideale trascendente, per la qual cosa, fine di ogni cosa è il nulla; l’atto del navigare viene paragonato, simbolicamente, a quello dello scrivere. Fanno parte, dunque, come termini di uno stesso insieme, scrittura, vita, morte e navigazione, che, pur appartenendo a sfere sensoriali diverse, vengono accostati l’uno all’altro.
Paradossalmente il poeta afferma che la cosa più saggia, se mai sia possibile, è rimanere sulla terraferma e non imbarcarsi nella navigazione; il tono usato da Salmoiraghi è affabulante e leggero e si esprime nei versi, che sono veloci e icastici e il mare, nella sua numinosità, viene inteso come espressione del male, come una forza che va contro l’uomo. Nella sequenza “Prognosi riservata”, si parla della morte non senza autocompiacimento:-“Non conosceremo la nostra morte./ Ecco una verità che non conforta,/ e sbigottisce// Ardua fede credere all’annuncio/ che non saremo distrutti./ Destinati, questo sì / a sparire/ solo trasformati.//…”. A volte l’autore pare avere un atteggiamento nichilista, senza mai tuttavia cadere nella disperazione; il dolore è controllato in un dettato sempre ben risolto e i versi non sono mai debordanti e non manca, talvolta, una vena gnomica e filosofeggiante:-“Voglio vedere le tenebre/ e udire il silenzio/.”, scrive il poeta nell’ultimo segmento di Prognosi riservata, versi molto incisivi, vicini al non detto, e che esprimono il desiderio di una forma di uscita dalla razionalità dell’ordine delle cose.. C’è il tema del male, in queste poesie, inteso come malattia, morte e trasformazione. Anche gli sguardi possono generare il male. In “In un attimo”, tutto il discorso dell’io-poetante si basa su un riflettere interiore, introspettivo e il soggetto è molto autocentrato. Tutto questo fa pensare alle ragioni del titolo della raccolta “Autobiografia involontaria”. Qui il soggetto si rivolge a un voi; quella di Pietro Salmoiraghi è un tipo di poesia intellettuale, che nulla concede al lirico. La cifra di questa poesia è nella ricerca del senso della vita, sottesa ad una concezione molto pessimista. Le delusioni e le fantasticherie non riescono a lenire il dolore, in una vita che è quasi solo in funzione della morte, dico quasi perché a volte, raramente, ci sono delle accensioni verso una gioia che, se non posseduta in pieno, si possa almeno intuire.
Il poeta è alla ricerca del presente nella forma dell’inespresso e tutto è sotteso al pensiero della morte che, ossessivamente, viene nominata. Come si diceva, una forte vena pessimistica connota il discorso dell’autore, che dice che l’esistenza è un inutile spreco di energie, sudore e fiato. Se c’è una via di salvezza (molto precaria e labile) è quella consistente nelle illusioni, in una modalità che ricorda Leopardi:-“Non voglio rinunciare all’illusione/ che la parola/ possa dare origine/ ad altre trame, altri linguaggi/”-; quindi, se anche in forma di illusione, la fede nella parola può causare altri linguaggi, e dunque, altre forme di poesia.
Anche il tema della temporalità è presente in questa raccolta nella quale si cercano nessi tra passato e presente e il poeta afferma che non si può tornare indietro, se non con la memoria, che non è nostalgia. Il male detto dal poeta non consiste solo nella morte, ma anche nella violenza e nell’omicidio, in un mondo non più umano e anche i morti nella memoria tornano in sogno tra le pieghe della mente..
Tutto, in questa raccolta, pare realizzarsi sotto forma di un pessimismo cosmico che, per molti versi, ricorda Leopardi; tuttavia, come il recanatese, Salmairaghi non si geme mai addosso, e utilizza la poesia come antidoto al dolore: per il nostro, la vita per ogni essere umano, non è altro che un invecchiare nel corpo. a partire dal doloroso momento del parto, fino alla fine biologica: solo la poesia può lenire questa tragica dimensione e condizione umana:, scrivendo “un’autobiografia involontaria”, l’autore partendo dal dato personale e privato, giunge, in un procedimento che va dal particolare all’universale, a descrivere e delineare quella che è una condizione comune di ogni essere umano.
Come afferma Gabriela Fantato, nell’acuta nota introduttiva al testo, il libro di Pietro Salmoiraghi può incuriosire o infastidire, coinvolgere o lasciar freddo il lettore, ma di certo non lascia indifferenti, poiché da subito chiede di “prendere posizione” di fronte a ciò che si legge.
Il libro disorienta e stupisce, fa pensare e chiede ascolto, con un tono tenace e ostinato, con modi martellanti e forme acuminate.
Raffaele Piazza
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