POESIA = FRANCESCA LO BUE
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Grido secco-Grito seco
Chi ha ascoltato il grido dell'umanità? Di solito suole mascherarsi per non essere ascoltato. Si veste di verde a primavera, alle volte risplende in estate. Ma il grido perdura in un ghigno silenzioso: grida lo strappo del male, grida il suo sconforto, il suo malessere; grida il tradimento e il sangue versato. È grido di bocca aperta; grido prolungato e non udito.
“!Será siempre desprecio!
!y no serà olvido ni lo tendrà!”
"E sarà sempre spregio.
E non ci sarà dimenticanza".
Il male originale del dolore striscia nel sotterraneo della carne, divora l'esistenza.
“el fantasma de ojos vagos... Y es espacio seco, tierra muerta, siembra inútil”
" il vuoto fantasma dagli occhi vaghi
Ed è spazio secco, terra morta, semina inutile".
Ghiaccia il respiro umano.
“Caen los caràmbanos del amanecer,
se fijaron y fue fuego helado: erizado nudo tembloroso de culpa, soledad y silencio.
Flores negras de maldicion, conjuros y desafio,”
“Caddero stille all’alba,
Si fissarono e fu fuoco gelido: nodo tremante irto di colpa, solitudine e silencio.
Fiori neri di maledizione, congiuri, sfide,”
Ansima la luce e il respiro:
*
“Jadea el lucero triste de la madrugada,
?Expía el sauce solitario, en lágrimas secas el rubor fragante de la mañana?”
“Ansima la stella triste del mattino,
espia ,in lagrime acre, il salice solitario, il suo luccichio fragrante”
Fino alla negazione più totale. Il male silenzioso arriva al suo apice e balla la sua Danza macabra.
*
“El, el Mal Silencioso, coágulo punzante de aquelarres,
…
Apúrate acecha la muerte, llega,
y es el fin, la ceguera sin bordes,”
“Lui, il Male Silenzioso, punzecchiante grumo di tregende
…
Spia la morte, di fretta arriva,
ed è la fine, la cecità completa,”
*
Però il male perdura.
“Serà siempre, como la mueca tenaz del sufrimiento,
en vez del olvido sereno en la inmortalidad sagrada.”
“Sarà sempre come il ghigno tenace della sofferenza
invece dell’oblio sereno nell’immortalità sacra.”
*
"Intorno alla lingua madre italiano-spagnolo di F. Lo Bue"
Non è innovazione linguistica né velleità accademica quella di Francesca se non un sentimento che lo spagnolo esprime e vive, e l'italiano rincorre fino al parossismo.
Il sentimento è doppiamente profondo e dolente.
Come spiegare questo sdoppiamento? Sdoppiamento nella unità, lo chiamerei.
Perché mi pare che, sebbene Francesca viva la quotidianità in Italia, la sua anima si proietti nel vivere di Mendoza. Allora ogni azione e ogni sentire è magnificato al suo doppio. E da questo non può staccarsi. La traduzione della sua propria poesia, già scritta in spagnolo, denuncia questa sensibile e peculiare caratteristica.
*
Aurelia Rosa Iurilli
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Grido secco, il male che permane
*
Nebbie di ruscelli sulfurei,
sudore fumoso di muraglioni di stagno,
serpi scarlatte per i sotterranei di pietra,
e sarà sempre spregio!
E non ci sarà dimenticanza… Minaccia la Montagna arroventata dai boschi incendiati,
il vuoto fantasma dagli occhi vaghi…
Ed è spazio secco, terra morta, semina inutile.
Caddero stille all’alba,
si fissarono e fu fuoco gelido: nodo tremante irto di solitudine e silenzio.
Fiori neri di maledizione, scongiuri, sfide,
freddi incensi lividi che vacillano e piano si spengono,
per l’irata freddezza, per l’ostinato indecifrabile rifiuto.
Ansima la stella triste del mattino ?
Espia, in lagrime acre, il salice solitario, il suo luccichio fragrante?
Inchioda il suo cuneo, affonda il suo becco,
Lui…il Male Silenzioso, punzecchiante grumo di tregende.
Il male assetato e supplicante è lí da sempre,
fili crudeli tessono le innumerevoli pantomime delle mummie.
Lí va, serpeggia per le vie, si muove coi suoi ceppi per abitacoli grigi,
irradiante mistero in lacrime nascoste.
E’ questo?
Può essere questo?
Spia la morte, di fretta arriva,
ed è la fine, la cecità completa.
Sarà sempre, come il ghigno tenace della sofferenza
in vece dell’oblio sereno nell’immortalità sacra.
E pozzi perenni di calce, incisioni di impronte di cenere, addii inamovibili di quarzi screziati,
il male denso che rimane, finisce, riappare e non è dimenticato.
*
Grito seco, el mal que permanece
*
Neblinas de arroyos sulfúreos,
sudor humoso de murallones de estaño,
por subterràneos de piedra, entre serpientes escarlatas.
¡Serà siempre desprecio!
¡y no serà olvido, ni lo tendrà.
Es la candente Montaña que amenaza desde bosques incendiados,
el fantasma de ojos vagos...
Y es espacio seco, tierra muerta, siembra inútil.
Caen los caràmbanos del amanecer,
se fijaron y fue fuego helado: erizado nudo tembloroso de soledad y silencio.
Flores negras de maldición, conjuros y desafío,
fríos inciensos morados de ramajes que vacilan y se apagan,
por el ostinado indescifrable rechazo.
Jadea el lucero triste de la madrugada,
¿expía el sauce solitario, en làgrimas acres, el rubor fragante de la mañana?
Acuña su cuño, hinca su pico,
Él, el Mal Silencioso, coàgulo punzante de aquelarres.
El mal sediento y suplicante està allí desde siempre,
hilos crueles entraman las innumerables pantomimas de las momias.
Por ahí va, serpentea por aceras anónimas, se mueve con sus estacas por habitaciones grises,
irradiando misterio de furtivas làgrimas.
¿Es esto?
¿Puede ser esto?
acecha la muerte, llega,
y es el fin, la ceguera sin bordes.
Serà siempre, como la mueca tenaz del sufrimiento,
en vez del olvido sereno en la inmortalidad sagrada.
Y seràn pozos perennes de cal y marcadas huellas de cenizas, adioses inamobibles de
cuarzos.
Él es extinción, caída y persecución, el mal que se queda y no acaba, reaparece y no es olvidado.
*
Francesca Lo Bue
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