mercoledì 21 maggio 2025

POESIA = CLELIA MOSCARIELLO


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"Ho ucciso il mio cuore"
“Sono una donna che ha ucciso il suo cuore,
sono colpevole, ebbene sì,
ho commesso questo delitto in un giorno come tanti,
Adesso io vorrei sapere solo dove è finito il mio cuore,
è finito forse sotto una coltre di polvere
che non tolgo da tempo,
distratta dal mondo e delle sue occasioni?!
Oppure è finito sotto i cuoricini di Messenger e di Whatsapp,
tanti cuoricini rossi pronti per l’uso,
comodi ed impacchettati,
pronti per l’uso?!
Eppure, il mio cuore io non l’ho sentito,
non l’ho udito,
e non riuscivo a trovarlo qui,
troppo distante da me,
Troppi schermi e scudi si frapponevano tra lui e me,
sepolto dalla retorica,
dalle frasi fatte e dai luoghi comuni,
Ed io sono colpevole,
ed allora voi ora mi chiederete il motivo della mia colpevolezza,
Ebbene, io sono colpevole
perché il mio cuore è annegato in questo mare di niente
ed io nemmeno l’ho salvato,
e nemmeno l’ho soccorso,
Perché non ho udito le sue grida,
perché la verità è che io non me ne sono accorta,
perché anche a me, Vostro Onore,
ha fatto comodo che il mio cuore per qualche tempo morisse”.
_ (Tratta dalla raccolta “Se ne frega la luna, stanotte”, pubblicata da PAV Edizioni.
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"Déjà vu"
“Mi hai chiesto quando tutto sia iniziato
E mi hai domandato perché non vivessi semplicemente.
Forse tu non lo sa
i e nemmeno lo immagini questo
ma vivere è proprio ciò che non riesco a fare semplicemente
Perché il mio battito è diverso da quello degli altri
Perché il mio cuore batte ad una velocità differente
Perché io non riesco a non parlare
anche quando non apro bocca,
Perché mi sembra di andare sempre troppo piano
o troppo forte,
Perché questi maledetti clacson mi fanno venire voglia di vivere
ma altrove,
e penso anche che questo dolce alla vaniglia sappia di tutto
fuorché di vaniglia,
Perché mi sembra tutto un cibo confezionato a volte,
Perché tutto mi sembra un eterno déjà vu senza te,
un film visto troppe volte
di cui conosco già il finale
e conosco tutte le battute a memoria tra l’altro,
E ancora, sono qui e mi tremano sempre le mani
quando devo parlarti
E ancora, non riesco a discernere il boato di un tuono
da un rumore della mia mente
E ancora leggo Eraclito mentre ascolto i Depeche Mode
E nel frattempo fumo un Marlboro light,
e tutto va lento, lentissimo, al suono di rock ed al sapore di nicotina,
E ancora, bevo distratta menta, ghiaccio e limone
e leggo della morte della regina Elisabetta,
ma tutto mi sa di finto,
Perché sono io che forse vado ad un ritmo diverso,
Perché questa volta va tutto alla velocità della luce invece,
eppure, inutilmente,
Perché tutto ha lo stesso sapore
se tu non torni qui,
e questo mondo ha sempre lo stesso colore
se non ci sei tu,
se non ci sei tu a disegnarlo
e a colorarlo con me
di tutte le sfumature possibili:
le mie, le tue,
insieme finalmente”.
_ (Tratta dalla raccolta “Se ne frega la luna, stanotte”, pubblicata da PAV Edizioni.)
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"La nebbia"
“Ho sempre avuto ben chiaro chi fossi,
ho sempre visto nitidamente il mio posto del mondo,
ma fuori c’era la nebbia, c’era tanta nebbia che mi impediva di farcela,
m spaventava al solo pensiero di doverla attraversare per abbracciare tutti voi che stavate aldilà.
Che mi aspettavate al varco,
ma io non ci riuscivo all’epoca, non vi vedevo neppure,
forse, sapete, erano le vostre ombre che vedevo, i vostri fantasmi, i vostri dilemmi irrisolti, ma non voi.
Eppure, voi eravate lì, e mi sorridevate, ma io vedevo solo spettri, chissà se erano i miei o i vostri, non l’ho ancora capito,
so solo che la nebbia era tanta ed era proprio inquietante tutto quel bianco,
a volte bevevo e ci davo giù dentro per non averne paura,
a volte dormivo per dimenticare dove fossi,
ma al mio risveglio la nebbia c’era ancora, io ero ancora lì, non mi davo per vinta e la nebbia…lei mi pareva ancora più fitta,
per tutto il tempo che mi trovavo lì devo dire che vi ho pensato, ho pensato a tutti voi indistintamente,
con diversa intensità ma ho pensato davvero ad ognuno di voi,
ed immaginavo la mia vita futura, immaginavo di farcela, anzi ne ero certa,
non ho mai avuto dubbi su questo, sono sincera,
ma non sapevo come avrei fatto a scalare quella montagna di nebbia che mi divideva da voi,
che mi impediva di vedere e di sentire quello che vedevate e sentivate voi,
che non mi faceva percepire la realtà come accadeva a voi.
Mi siete mancati tutti e pure tanto,
non c’è stato giorno che non desiderassi raggiungervi,
volevo dirvelo adesso, dopo tanto tempo.
ed adesso che sono con voi aldilà della nebbia,
quella nebbia esiste ancora, ma non ha alcun potere di influire sul mio umore,
è solo un muro bianco, abbastanza insignificante,
ed ora mi chiedo soltanto come abbia fatto a pensare alla nebbia per così tanto tempo”.
_ (Tratta dalla raccolta “Io non amo le rose”, pubblicata da PAV Edizioni.)
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"L’odore della neve"
“Dicono che io non abbia la testa,
ma a molti ha fatto comodo spesso fingere di non scorgere i miei pensieri,
dicono che io sia imprevedibile ed inaffidabile,
ma pochi hanno deciso di prendere sul serio i miei propositi,
dicono che io sia una stupida perché sorrido,
e nessuno però conosce la neve sul cuore come la conosco io,
nessuno l’ha toccata mai veramente ed ha sentito il suo odore nelle notti gelide e senza luna,
e nessuno ha poi mai saputo raccontarlo quell’odore,
Dicono di non credere alle mie promesse, perché sarei una cialtrona,
ma quando qualcuno li ha messo alla prova li ha scoperti solidi come rocce i miei valori,
Dicono che io sia una bugiarda,
Eppure, chi ha avuto l’audacia di guardarmi negli occhi senza abbassare lo sguardo sa che sto dicendo il vero,
Dicono che io non lasci tregua,
Eppure, ho lasciato andare tante di quelle volte che solo il mio animo sa quanto si sia lacerato di me in quello strappo,
e nonostante tutto ho mollato la presa più volte per liberare chi ne avesse abbastanza di me e chi non volesse più restare,
Dicono che avrei fatto tanto chiasso per nulla,
ma soltanto alcuni sanno cosa si prova ad essere invisibili ed a dover strillare per far sentire la propria voce,
Dicono, ne dicono tante su di me, ma io resisto, perché in quelle voci non c’è nulla che mi appartenga, nemmeno un mio
frammento, non esiste nemmeno un pezzo di me in quel vociare indistinto, malfidato e sgraziato,
è solo il belare di un gregge…
di un gregge che non conosce l’odore della neve sul cuore nelle notti gelide senza luna e che soprattutto non l’ha mai saputo raccontare, come lo racconto io”.
_ (Tratta dalla raccolta “Io non amo le rose”, pubblicata da PAV Edizioni.)
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"La danza"
“Avevo voglia di danzare,
volevo ballare impavida
e più audace che potevo,
per svegliare tutto il creato dal suo torpore quotidiano,
per allertare tutti che la primavera stava arrivando,
che la bella stagione stava iniziando
e che era ora che il mondo uscisse dal suo letargo,
ma il mondo, invece, desiderava continuare a dormire
ed allora io iniziai a saltellare su e giù, più forte che potevo,
come una mia sorella gitana mi aveva insegnato, un tempo,
illusa e disperata,
delusa e agguerrita,
volevo apparire leggiadra
e librarmi in volo come una vera farfalla
volevo volteggiare sublime,
mentre il mondo stava affondando piano ma inesorabilmente nel suo lungo abisso
e volevo anche essere brava a risorgere dalle mie ceneri da abile fenice,
ma il mondo non era pronto, mi dissero,
lui voleva ancora sonnecchiare,
ed a me pareva di sentirli tutti quei discorsi ottusi della gente,
sulle guerre, sul calcio
e sulle cose che le donne dovevano, oppure, non dovevano assolutamente fare
e di riuscire anche a planarci sopra con le mie piroette soavi,
mentre il mondo indifferente non si voltava nemmeno a guardarmi
ed io allora mi misi a mirarlo da lontano il mondo
e pensai a quanto sarebbe stato bello
se tutti all’improvviso avessero smesso di dormire,
di trattare ingiustamente le donne e di farsi la guerra
e poi, infine, avessero cominciato a danzare”.
_ (Tratta dalla raccolta “Fuoco sacro”, pubblicata da PAV Edizioni.)
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CLELIA MOSCARIELLO

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